Selecciona una palabra y presiona la tecla d para obtener su definición.
Anterior Indice Siguiente




ArribaAbajoCapitolo Settimo

Il teatro profano


Nell'insieme dell'opera letteraria di Sor Juana il teatro costituisce un capitolo di non scarsa importanza. Pedro Henríquez Ureña ha affermato che nell'apprezzamento dei versi sorjuanini si dimentica che la maggior parte della sua opera è di carattere drammatico, benchè i suoi meriti siano d'ordine lirico227. Formulando questo giudizio il critico aveva presenti, naturalmente, i villancicos, che riteneva opere drammatiche, oltre, ben inteso, il teatro vero e proprio della suora. Ma l'Ureña non andava errato allorchè insisteva, anche a proposito della parte drammatica degli scritti sorjuanini, sul suo valore lirico.

Benchè relativamente esteso, il teatro di Sor Juana può apparire di scarso rilievo, paragonato alla straordinaria fecondità di tanti autori spagnoli del Siglo de Oro, non solo, ma anche a quella, benchè più limitata, di Juan Ruiz de Alarcón. Tuttavia, il teatro sorjuanino va considerato nell'ambito tutto dell'opera della suora, e nel particolare ambiente in cui si manifesta. Solo così facendo è possibile coglierne il valore, quello stesso che, se non qualifica Sor Juana tra i massimi drammaturghi del suo tempo, tuttavia le dà un posto di primo piano nel teatro spagnolo e il più alto in quello della Nuova Spagna228.

Sorprende, quindi, il limitato numero di studi finora dedicati a questo aspetto dell'opera sorjuanina, molto spesso assai contradittori nelle loro conclusioni. Al teatro di Sor Juana si è incominciato a prestare vera attenzione solo in epoche piuttosto recenti229; per molto tempo il libro del Chávez fu l'unico che, con relativa proprietà di giudizio, sull'onda della passione, studiasse con attenzione anche questa parte della produzione letteraria sorjuanina. Numerosi furono, infatti, gli studiosi e i critici di Sor Juana che accennarono al suo teatro, senza mai intraprenderne un serio esame, anzi, spesso confondendo titoli e opere, attinti di seconda mano. Il che diede luogo a giudizi equivoci, quando non addirittura a fantasiose moltiplicazioni di lavori, in realtà inesistenti230.

Vi è una possibile spiegazione, non certo una giustificazione, a tale stato di cose, ed è che la poesia di Sor Juana vide diverse edizioni, sia pure incomplete e parziali, mentre il teatro interessò sempre meno e fu lasciato per molto tempo in disparte, salvo poche e recenti eccezioni231. Per condurre, quindi, uno studio su di esso, occorreva rifarsi, fino a non molto tempo fa, alle vecchie edizioni, che il Méndez Plancarte qualifica «de apeñuscado texto, heridos tipos y enmarañadoras grafías»232, spesso inaccessibili o che richiedevano lunga consultazione di biblioteca. Inoltre, la poesia ha sempre avuto più facile corso che non il teatro e in essa i commentatori ritrovavano vivo, l'interesse del «caso» sorjuanino.

L'opera drammatica di Sor Juana è costituita essenzialmente da due commedie, Los empeños de una casa e Amor es más laberinto, e da tre autos sacramentales, El Divino Narciso, El Mártir del Sacramento, San Hermenegildo, El Cetro de José. Esistono poi loas e sainetes, spesso a complemento di commedie e autos, parte pure importante del teatro sorjuanino.

Per quanto riguarda la datazione delle opere maggiori, esse offrono alcuni dati che permettono di stabilire l'anteriorità della prima delle due commedie sugli autos. Il Salceda e il Méndez Plancarte si sono occupati del problema della cronologia e nuovi elementi non sono apparsi finora a modificarne le conclusioni233. Dal Salceda apprendiamo che la commedia Los empeños de una casa fu rappresentata il 4 ottobre 1683, a Messico, in casa del Contador don Fernando Deza, in occasione di un festeggiamento da questi offerto al vicerè, conte di Paredes, per il pubblico ingresso nella capitale del nuovo arcivescovo, don Francisco de Aguiar y Seijas234. Amor es más laberinto venne invece rappresentata a Madrid il giorno 11 gennaio 1689, per il compleanno del conte di Galve235. Quanto agli autos, El Divino Narciso fu rappresentato, con ogni probabilità, a Madrid, il 9 giugno 1689. Più difficile è stabilire la data de El Mártir del Sacramento, pure rappresentato a Madrid, tra il 1680 e il 1691. Per El Cetro de José non esistono, invece, dati cronologici, nè indicazioni di luogo di rappresentazione; per il che il Méndez Plancarte afferma che nulla osta a che si immagini la sua prima a Messico236.

Da tutte queste opere traspare la loro occasionalità. Sia le commedie che gli autos furono, infatti, composti da Sor Juana dietro incarico, non per volontà propria. Ciò vale a spiegarci in più di un caso le deficienze che talvolta vi si riscontrano, la mancanza di ispirazione che fa scadere improvvisamente l'opera. Tuttavia, quando l'ispirazione della suora è mossa dall'argomento che essa affronta, anche nel teatro costruisce i suoi capolavori. Ciò vale soprattutto per El Divino Narciso, tra gli autos, e per Los empeños de una casa, tra le commedie.

Alludendo al teatro profano di Sor Juana il Salceda afferma che le due commedie altro non sono che capitoli di quel trattato dell'amore che la suora è andata svolgendo attraverso tutta la sua opera, pretesti perchè essa possa continuare la sua opera di «filósofa del amor»237. Ma certamente non è questo che rende più o meno interessante l'opera drammatica sorjuanina, bensí il fatto che essa ci immette, come documento unico, nello spirito più genuino del teatro barocco della colonia. Il filosofare di Sor Juana intorno all'amore non presenta eccessivo interesse, originalità particolare. Infatti, quelli espressi dalla suora sono concetti triti, luoghi comuni della disputa d'amore, insufficienti a dare valore reale a un'opera di teatro. Tanto più se consideriamo che in Amor es más laberinto la parte dedicata all'argomento, meglio, ai consueti «galanteos de palacio», non è neppure di Sor Juana.

L'interesse maggiore de Los empeños de una casa, che del teatro profano sorjuanino è l'opera più valida, sta soprattutto nel fatto che con essa ci è pervenuta integra la complicata gamma di parti di cui si componeva una rappresentazione teatrale nella colonia. Mai come in questo momento il teatro era stato in auge in Messico. Fin dai tempi più lontani della conquista esso aveva rappresentato il mezzo più efficace di propaganda religiosa presso gli indigeni, sulle cui forme drammatiche aveva finito per innestarsi238. Inoltre, ogni festività religiosa, ogni ricorrenza regia, ogni ingresso di vicerè o di alta autorità ecclesiastica, infine ogni importante avvenimento di corte, era solennizzato da rappresentazioni teatrali, sia pubbliche, a cura degli «Ayuntamientos» e delle chiese, sia private, rappresentazioni a Palazzo, nei conventi o in casa di cittadini eminenti239.

Tanto favore per il teatro si spiega, non solo con la particolare inclinazione del popolo spagnolo verso questo genere di spettacolo, documentata da tutto il Siglo de Oro, ma anche col fatto che esso costituiva un valido svago nella monotona serie di giorni della vita coloniale. In questo mondo la rappresentazione drammatica doveva essere un avvenimento capace di far parlare di sè per diverso tempo. Del resto, era l'unica forma di divertimento incoraggiata anche dalla chiesa. A corte e nei conventi il teatro ebbe la medesima funzione. Ciò spiega l'abbondanza delle rappresentazioni, la cui durata era di alcune ore, senza intervallo tra un atto e l'altro della «pieza», perchè esso veniva riempito dalla rappresentazione di farse, entremeses, sainetes.

Alcuni studiosi dell'argomento hanno fissato in due ore il tempo impiegato per una rappresentazione completa d'allora, ma due ore appaiono poche rapportate all'abbondanza della materia quale ci si presenta, ad esempio, ne Los empeños de una casa, commedia in tre atti, preceduta da una loa allegorica non eccessivamente breve, seguita a sua volta da una letra cantata e, tra il primo e il secondo atto, così come tra questo e il terzo, oltre a una letra, sempre cantata, un sainete, mentre a conclusione del terzo atto vi è un sarao240.

Naturalmente, in una rappresentazione di questo tipo non sempre le varie parti erano dello stesso autore. Nel caso, però, de Los empeños de una casa tutto è opera di Sor Juana. Il «festejo» di Amor es más laberinto ci è invece pervenuto incompleto, con la sola loa iniziale, oltre alla commedia, composta questa di tre atti, di cui quello centrale opera del «Licenciado» Juan de Guevara, che alcuni ritengono cugino della suora. Con ogni probabilità, come la commedia fu opera di collaborazione, anche gli intermezzi dovettero essere di autori diversi, quindi non vennero inclusi nell'edizione delle opere di Sor Juana, di conseguenza andarono perduti.

Los empeños de una casa, in quanto opera di maggior interesse, fu ritenuta degna di nuove edizioni in epoche successive al settecento, tanto più che l'intervento del Guevara in Amor es más laberinto rendeva difficile classificare l'opera come appartenente a Sor Juana.

L'argomento de Los empeños de una casa non presenta eccessiva originalità quanto a novità; esso può venire classificato entro il numero delle diffusissime commedie de enredo o di capa y espada di stile lopiano.

La critica ha fatto più nomi di autori e di opere, cercando di individuare le fonti della commedia sorjuanina. Si è fatto il nome de La discreta enamorada di Lope, per gli «enredos» e perchè «corre con igual ingenio y conflicto»241 de Los empeños de un acaso di Calderón, per il titolo242, e anche per la sostanza, che imiterebbe243. Con maggiore esattezza il Chávez allude alle migliori scene di Lope, che alcune della suora ricordano per fluidità, grazia e sincerità244. La sostanza è che non esiste dubbio possibile intorno all'aderenza generica di Sor Juana a Lope, in quanto autrice de Los empeños de una casa, sia per la scioltezza dello stile, che per l'organicità della concezione drammatica. Diffícile, invece, appare l'accostamento a questa o a quella commedia per l'argomento, assai comune, del resto, che nelle linee essenziali ammette più di una parentela, e per ciò stesso nessuna nettamente individuabile. La stessa diffusione del teatro in Messico favoriva in Sor Juana Una conoscenza molteplice di argomenti e di autori, benchè il dominio di Lope si imprimesse chiaramente anche in lei allorchè affrontò il teatro profano.

La complicazione dei casi che appaiono nella commedia è estremamente abbondante. Los empeños de una casa è imperniata intorno all'amore di don Carlos per Leonor, dalla quale è ricambiato, sulle insidie di doña Ana, innamorata di don Carlos, e su quelle di don Pedro, che ama invece Leonor. Il rapimento di Leonor, realizzato da don Pedro, conduce tutti gli innamorati in casa di quest'ultimo, senza che nessuno sappia dell'altro; ciò dà luogo a tutta una serie di equivoci, che hanno alla fine la loro felice soluzione nel trionfo dell'amore e nella punizione di coloro che l'avevano voluto ostacolare.

Come si vede, nulla di eccezionale. Ma ciò che importa è il modo, la grazia e la sensibilità con cui l'argomento è trattato, l'abile gioco delle situazioni, la caratterizzazione dei personaggi. Se la commedia era stata composta da Sor Juana per divertire, essa ha raggiunto il suo scopo, anche se oggi, al nostro gusto, l'opera può apparire troppo semplice psicologicamente e risaltano diverse incongruenze. Colpisce, anzitutto, la mancanza di indicazioni scenografiche, forse dovuta alla fretta con cui l'autrice dovette condurre a termine il dramma commissionatole. La stessa cosa dobbiamo dire per Amor es más laberinto. Questo fatto è forse da imputarsi alle limitate disponibilità del teatro privato in cui la commedia doveva venire rappresentata, ma neppure si può escludere una deliberata volontà nell'autrice di lasciare libero campo all'iniziativa e alla fantasia dell'allestitore. Del resto, il teatro del tempo non abbondava di indicazioni del genere. In una rappresentazione come questa, poi, il ruolo maggiore doveva sostenerlo il pubblico, alla cui immaginazione si faceva gran ricorso, e ciò che oggi a noi può sembrare trascuratezza o mancanza di competenza nel campo scenografico, allora doveva apparire semplicemente naturale. Che poi non esistano indicazioni intorno al vestiario degli attori è assai logico per quei tempi, in quanto, anche nel caso di una commedia mitologica come Amor es más laberinto, non si richiedeva eccessiva fedeltà di ambientazione, d'altra parte assai difficile, data la scarsa conoscenza di mode passate. Tutto veniva rappresentato con i costumi della moda contemporanea, ai quali, tutt'al più, si aggiungevano attributi simbolici nel caso di rappresentazioni di tale indole o di soggetto sacro.

Nelle opere drammatiche sorjuanine la scenografia si indovina più che altro dal testo, e non mancano note stridenti, che il pubblico, tuttavia, doveva superare facilmente, per quanto riguarda situazioni di luogo e di tempo.

La loa drammatica che precede la commedia de Los empeños de una casa svolge, attraverso personaggi simbolici - a Pietà, la Fortuna, la Diligenza, il Merito, il Caso-, con accompagnamento di musica, uno degli argomenti, o dispute, cari alla retorica del tempo e all'ambiente cortigiano davanti al quale la commedia si rappresentava, cioè il tema di quale sia la maggiore felicità e a chi si debba attribuire dopo averla conseguita. Si tratta, naturalmente, di un pretesto per l'adulazione d'obbligo al vicerè e a sua moglie, presenti alla rappresentazione. Si apprende, infatti, che la fortuna maggiore e la felicità è «diretta concessione della sua fonte». Tuttavia, felicità non è solo la presenza dei vicerè, ma anche l'ingresso nella città del nuovo arcivescovo. L'argomento è di un simbolismo accesamente barocco, piuttosto macchinoso nelle comparse. La loa si impone, però, per molti passaggi lirici, che si costruiscono su una notevole varietà di metri, dal romance in tutte le sue varietà, alle redondillas, alle décimas, ai versi endecasillabi, eptasillabi, exasillabi, pentasillabi. Particolare valore musicale ha la scena terza, per il procedimento «en ecos», nella disputa citata, per l'alternarsi di negazioni e di affermazioni che, nell'ultima parte, danno agilità al verso e un ritmo cantato di molto effetto. Quanto ai concetti espressi nella loa essi sono del tutto comuni, ma rispondono all'«agudeza» barocca e all'intenzione di Sor Juana di sollecitare concretamente in tal modo l'interesse del suo particolare uditorio.

Il primo atto de Los empeños de una casa ci presenta già tutti i protagonisti del dramma; la loro caratterizzazione, naturalmente, si costruisce negli atti successivi. Tuttavia, il primo atto della commedia è il più interessante e il meglio costruito. La figura di Leonor, amante di don Carlos, rapita da don Pedro e depositata in casa di questi, presso la sorella doña Ana, ha tutta la dimensione che richiede la sua parte di donna infelice, privata dell'uomo che ama, sconvolta dal corso degli avvenimenti, di cui non sa rendersi ragione, sbalestrata in un mondo che non conosce. Creatura trepida, con misurate note preromantiche, bella, intelligente e infelice, poichè sempre bellezza e intelligenza, per Sor Juana, producono dolore. Nel colloquio che Leonor ha con doña Ana, alla quale racconta la propria vita, traspaiono note chiaramente autobiografiche della suora, non tanto per quanto riguarda l'amore, che di altro non poteva trattare Leonor nel dramma, ma piuttosto per quanto si riferisce alla sua situazione di donna bella, intelligente e sventurata, circondata da una fama di cui ha terrore e che è fonte della sua infelicità:


   Entre estos aplausos yo,
con la atención zozobrando
entre tanta muchedumbre,
sin hallar seguro blanco,
no acertaba a amar a alguno,
viéndome amada de tantos245.



Nel lungo racconto di Leonor, di acceso lirismo, soprattutto nella prima parte riferentesi alla sua vita, si colgono realmente molteplici accenti personali di Sor Juana. Così nella considerazione delle pene, che manifestate trovano qualche sollievo246, nell'accenno alla nobiltà, che pur essendo «joya de precio tan alto, / es alhaja que en un triste / sólo sirve de embarazo»247.

Per tutti questi motivi, la figura di Leonor è la più sentita dall'autrice della commedia, quindi la meglio riuscita, appunto perchè in essa la suora versa tanta parte di se stessa, partecipando direttamente al dramma d'infelicità in cui vede riflesso concretamente il suo dramma.

Naturalmente, nella figura di Leonor esistono anche dei limiti, soprattutto per quanto riguarda il lungo discorso che essa fa a doña Ana, prolisso nel racconto e nella descrizione dell'amato, nel quale il Chávez ha voluto vedere il ritratto di un possibile amore della suora248, interpretazione smentita dalla serietà e dalla religiosità di Sor Juana. Solo noteremo che tanto è viva la figura di Leonor, altrettanto le sono inferiori gli altri protagonisti. Non mi sembrano, perciò, accettabili le riserve formulate nei suoi riguardi dallo Schilling, il quale afferma che Leonor non presenta alcuna originalità ed è una semplice dama del teatro spagnolo, con scarso carattere personale, tanto che il suo stesso fidanzato la confonde spesso, di modo che «casi sólo sirve de instrumento que justifique la trama»249. Anzi, il carattere di Leonor si afferma proprio in quel suo prendere forza dalla debolezza femminile; e se l'amante la confonde, in due occasioni, all'inizio e alla fine della commedia, non è perchè essa non riveli carattere, ma per cause fortuite, quali l'oscurità o l'ingannevole travestimento.

Quanto agli altri personaggi essi non hanno mai il rilievo e la spontaneità di Leonor, eccettuata doña Ana che invece è ben caratterizzata. Attraverso la sua figura e la sua azione, Sor Juana sviluppa il tema del capriccio femminile, dell'estrema mutevolezza della dama in amore. Amante corrisposta di don Juan, doña Ana si invaghisce di don Carlos proprio perchè il primo le è devoto e l'altro rappresenta una conquista difficile:


porque el amor que es villano
en el trato y la bajeza
se ofende de la fineza.250



Don Pedro invece rapisce Leonor, che lo respinge, deciso a corteggiarla ad ogni costo e ad impedire che altri ne goda i favori, più invidioso del bene altrui che del proprio danno. La statura non certo alta di questi due protagonisti, Ana e Pedro, risalta dai versi sorjuanini e dalla loro azione concreta. Con vivo senso della giustizia e con estrema logicità la suora li condanna, alla fine del dramma, come meritano le loro azioni.

Vista l'impossibilità di realizzare il proprio disegno, nell'incrollabilità dell'amore di don Carlos per Leonor, alla fine della commedia doña Ana, in una sottile dimostrazione di abilità e di tempismo femminili, torna tra le braccia dell'antico amante, don Juan, e si dichiara felice di sposarlo. Don Pedro è l'unico che resti giustamente burlato, perchè in fondo è il meno onesto dei personaggi della commedia. Inoltre, egli è tanto ottuso quanto doña Ana è scaltra, e possiede tutte le qualità negative di un giovane ricco e borioso, abituato a ottenere sempre il proprio capriccio. Nella sua figura, evidentemente, Sor Juana intende criticare ancora una volta la sua società. Per questo lo dipinge focoso e ottuso, soprattutto nell'inganno che gli ordisce il gracioso, Castaño, il quale, travestito, viene da lui scambiato per Leonor, quindi corteggiato, con esiti umoristici notevoli.

Quanto a don Juan, afflitto dalla gelosia, egli capisce sempre poco e si rivela tipo predestinato a dure offese nell'onore. La figura di don Carlos, invece, se non vigorosa, è più viva, nel dubbio tra l'infedeltà dell'amata e la possibilità che qualcosa di estraneo alla sua volontà gliela presenti in situazioni di apparente colpevolezza.

Personaggio di assai poco conto è il padre di Leonor, don Rodrigo, preoccupato solo di restaurare il proprio onore con il matrimonio della figlia, non importa con chi. La sua è la figura di un uomo che non ha dignità nè fierezza, assai distante, in sostanza, da quella del padre offeso nell'onore cui ci ha abituato il grande teatro del Siglo de Oro. Probabilmente in don Rodrigo Sor Juana ha inteso formulare una dura critica al senso tirannico del pundonor, o anche a una società di costumi rilassati, in cui l'onore era divenuto cosa del tutto esterna.

Degli altri personaggi che intervengono nella commedia, Hernando, consigliere e amico di don Rodrigo, è figura totalmente di secondo piano; maggiore vita hanno Celia, serva e confidente di doña Ana, e Castaño, servo di don Carlos, con funzioni di gracioso. Celia è personaggio ben caratterizzato: avida e intrigante, al servizio della padrona e al tempo stesso di don Juan in danno di essa, per danaro, è più che altro un mezzo di comodo, tradizionale ormai nella commedia «de enredo». Di maggior significato è Castaño, benchè la sua vera dimensione appaia completa solo nell'ultima parte del terzo atto, allorchè inviato da don Carlos a portare un biglietto al padre di Leonor, si traveste con i panni di questa, col risultato, come si è detto, di essere scambiato per lei da don Pedro. Il gracioso approfitta allora dell'occasione per burlarsi dell'ottuso innamorato, e lo fa con un saporoso linguaggio popolaresco che ci immette direttamente nella parlata delle classi basse del tempo, ricorrendo a numerose espressioni vernacole e alla menzione di personaggi che animarono la vita della Nuova España, in una dimostrazione viva di messicanità, già colta dal Chávez251.

L'azione della commedia è posta a Toledo, ma lo spirito profondamente messicano di Sor Juana traspare da tutta questa serie di elementi particolari. Dalla menzione, ad esempio, di Garatuza, di cui Castaño si professa devoto e ammiratore:


¡Quién fuera aquí Garatuza
de quien en las Indias cuentan
que hacía muchos prodigios!
que yo, como nací en ellas,
le he sido siempre divoto
como a santo de mi tierra252;



Anche l'allusione al Tapado253 di cui già si disse trattando della poesia di Sor Juana, risponde allo stesso sentimento di attaccamento alla sua terra da parte dell'autrice.

Attraverso il modo di esprimersi di Castaño si fanno, inoltre, altre interessanti scoperte: ad esempio che il termine «gachupines» era già in uso allora per indicare gli spagnoli immigrati, ma senza le intenzioni dispregiative che il vocabolo doveva assumere in epoche posteriori. Nè dimenticheremo l'uso, frequente nel teatro, ma non per questo meno efficace in bocca a Castaño, di numerosi latinismi, quali volaverunt, in aeternum, in solidum, le gustose allusioni culte, mitologiche, storiche e bibliche. Nella saporita descrizione del travestimento cui il gracioso ricorre, troviamo, inoltre, una efficace rappresentazione ironico-critica della moda femminile del tempo254; segue la menzione del complesso «maquillage» cui ricorrevano allora le donne, il «solimán», i sottili artifici per rendere più agile il corpo, l'«encaje de ballena», il «molde», i guanti, il manto di seta in testa, l'«abanillo» o «abanico», e la grazia picaresca, già così efficacemente satirizzata da Quevedo ne El mundo por de dentro, di quel rapido scoprire e subito nascondere il volto, onde meglio attirare l'attenzione degli uomini. E ancora una nota satirica contro i vagheggini del tempo, già presi di mira anch'essi, per quanto riguarda la Spagna, da Quevedo. Si veda la levità d'accenti e la grazia arguta di Sor Juana in questo passaggio di Castaño, al termine del suo travestimento:


   Ya estoy armado, y ¿quién duda
que en el punto que me vean
me sigan cuatro mil lindos
de aquestos que galantean
a salga lo que saliere,
y que a bulto se amartelan,
no de la belleza que es,
sino de la que ellos piensan?
Vaya, pues, de damería;
menudo el paso, derecha
la estatura, airoso el brío:
inclinada la cabeza,
un si es no es, al un lado:
la mano en el manto envuelta;
con el un ojo recluso
y con el otro de fuera;
y vamos ya, que encerrada
se melogra mi belleza.
Temor llevo de que alguno
me enamore255.



L'intervento in primo piano di Castaño, nella parte finale del terzo atto, sposta tutta la commedia su un piano grottesco, così che raggiunge pienamente lo scopo di divertire, anche se il salto dalla drammatica situazione degli innamorati osteggiati è alquanto brusco.

Noteremo nella commedia ancora un punto in cui Sor Juana spiega le sue alte qualità liriche, nel bel mezzo del secondo atto, quando poesia e musica fondono i loro accenti nella disputa intorno a


¿Cuál es la pena más grave
que en las penas de amor cabe?



Tale disputa si svolge, dopo una enunciazione, sul ripetersi, in tono di contrappunto, di una negazione e di una affermazione, attraverso due cori a cinque voci, cui si uniscono, dopo la conclusione della quinta voce, la quale afferma che la maggior pena è «no gozar a quien me quiere / cuando es el amor igual», le voci dei protagonisti, don Pedro, doña Ana, Leonor, don Carlos. Dagli elevati concetti che essi esprimono intorno alla maggior pena d'amore -che rispettivamente è mancanza di corrispondenza, passione gelosa, assenza dell'amato che in amore corrisponde, gelosia-, Castaño e Celia riconducono bruscamente gli spettatori alla realtà terra terra, affermando, il primo:


Señor, el mayor pesar
con que el amor nos baldona,
es querer una fregona
y no tener qué la dar;
pues si llego a enamorar
corrido y confuso quedo,
pues conseguirlo no puedo
por la falta de caudal256.



Non meno realistica è Celia. Per lei


El dolor más importuno
que da amor en sus ensayos,
es tener doce lacayos
sin regalarme ninguno,
y tener perpetuo ayuno,
cuando estar harta debiera
esperando costurera
los alivios del dedal257.



Quanto ai difetti, nella commedia Los empeños de una casa essi stanno soprattutto nella prolissità di certe relazioni, nel continuo ripetere e alludere agli avvenimenti principali, in una preoccupazione di collegamento e di unità del tutto insopportabile oggi. E ancora, nell'abuso degli «aparte», che risulta stucchevole, soprattutto alla fine dell'ultimo atto. Lo Schilling pone, tra le altre cose negative, le interruzioni nella «ficción», allorchè Castaño si dirige al pubblico spettatore258. Ma nel teatro questa abitudine era radicata da tempo. Più tardi, anzi, doveva giungere all'abuso, tanto da divenire oggetto, nel 1794, di una curiosa denuncia del Corregidor di Messico don Bernardo Bonavía al vicerè, conte di Revillagigedo259.

Tuttavia, in Sor Juana il rivolgersi al pubblico si deve interpretare, più che come difetto, come un modo felice e misurato di mantenere attivo il dialogo che con il festejo essa intendeva condurre precisamente con il pubblico. Inoltre, conoscendo la suora, si può interpretare come una manifestazione di modestia non falsa la critica che essa fa di se stessa, prevenendo, in alcuni passaggi, l'inevitabile impazienza degli spettatori e chiedendo, alla fine, umilmente perdono della propria pochezza.

Tra le varie stonature prodotte dalla prolissità del discorso notiamo, nel primo atto della commedia, il grido di dolore di Leonor, allorchè racconta le proprie pene a doña Ana; questo grido è vanamente atteso per molti versi, e quando finalmente si esprime suona falso e fuori tempo. Allo stesso modo, dalla prolissa descrizione che Leonor fa dell'amato la figura di questi esce sfuocata nella sua consistenza umana. Alcuni personaggi, poi, come don Rodrigo, mancano di dimensione, non sono studiati con attenzione. Inoltre, sono numerosi i luoghi comuni, come il «galanteo» del gracioso alla cameriera, le esclamazioni palesemente retoriche, prive di vita interiore, come nel caso di don Carlos, nella scena VII dell'atto secondo, «¡Cielos! ¿qué es esto que escucho?», assolutamente mancante di dramma. Allo stesso modo lo è, nella scena IV dello stesso atto, l'espressione di Leonor: «Mas, ¡Cielos! ¿qué es lo que miro?», alla vista del suo corteggiatore. Vi è, inoltre, un uso del tutto esterno di espressioni barocche. Oltre a ciò, versi infelici per la schiavitù della rima; nella scena IV del primo atto, Hernado, consigliando don Rodrigo, esce in queste espressioni piatte: «dile que vuelva a casa a Leonor bella / y luego al punto cásale con ella». Ancora da notare è la freddezza di certe situazioni che dovrebbero essere drammatiche: quando Leonor, nella scena IV del secondo atto, si vede di fronte a don Pedro, il suo stupore, il dolore, non sanno esprimersi che in accenti freddi, detti «aparte» come sempre:


   ¡Ay de mí!
Toda soy de mármol. ¡Ah, Fortuna,
que así mis males dispongas,
que a la casa de don Pedro
me traigas!260



Tuttavia, pur con questi punti deboli o discutibili, la commedia Los empeños de una casa resiste bene ancor oggi alla rappresentazione, e i suoi difetti appaiono solamente ad una analisi minuziosa dell'opera. Vale inoltre la pena di insistere sui punti massimi dell'ispirazione sorjuanina, soprattutto là dove la suora dimostra profonda conoscenza della donna e dello uomo, e dove precorre i tempi manifestando idee che solo Moratín nel settecento oserà esprimere apertamente nel teatro, come il diritto della donna a scegliersi liberamente lo sposo. Quando don Carlos, nella scena XII del terzo atto, teme che Leonor sia costretta dal padre a sposare don Pedro, Castaño gli dice:


¿Qué es forzarla? ¿Pues el viejo
está ya para Tarquinio?
Vamos a buscarla luego,
que como ella diga nones,
no habrá pares con don Pedro.261



Sor Juana si rivela esperta conoscitrice del carattere umano. Cosi essa interpreta acutamente in doña Ana, nella scena II del primo atto, la complessa anima femminile, che si vendica della ripulsa insidiando la felicità altrui. Sapendo don Carlos innamorato di Leonor e corrisposto, doña Ana sì esprime in questo modo:


   Si en triunfo rendirle pretendía,
sabiendo ya que vive enamorado
¿qué victoria será verle apartado
de quien antes por suyo le tenía?262



La maggiore attrattiva di un uomo su una donna capricciosa è quella di essere di un'altra. Don Carlos è infatti «más galán» che non don Juan, ma anche se non lo fosse «tiene de más galán el ser ajeno».

In pari tempo Sor Juana dimostra sfiducia piena nell'interezza dell'uomo. Nella scena III dell'atto primo, doña Ana, sottile conoscitrice della fragilità umana, si dispone a conquistare don Carlos malgrado tutto, perchè sa che non v'è occasione che l'uomo si lasci sfuggire:


¿qué voluntad hay tan fina
en los hombres, que si ven
que otra ocasión los convida
la dejen por la que quieren?263



Intorno a queste note si costruisce l'interesse, la validità de Los empeños de una casa. La commedia acquista profondità e significato proprio attraverso le molte presenze umane, in cui ci si mostra tante parte dell'autrice. Sono queste soprattutto, che salvano l'opera della forzata esteriorità dell'«enredo», rivelando al tempo stesso le grandi qualità liriche della suora, che si manifestano in una sorprendente varietà- di metri. Lo Schilling ha scritto esattamente che «descuella esta obra por la riqueza de sus ideas y sentimientos, la crítica social, el flujo armonioso de la versificación y la gran variedad del estilo, que corresponde a los diferentes personajes, matizado por la fina ironía»264.

Dei sainetes intercalati agli atti della commedia, il primo, Sainete primero de Palacio, ripropone, attraverso personaggi simbolici - l'Amore, l'Ossequio, il Rispetto, la «Fineza» e la Speranza-, un tema caro alla concettosità barocca e alla vita cortigiana, vale a dire quale dei personaggi allusi si guadagnerà il disprezzo. Nessuno appare degno del premio e l'«Alcalde del Terrero» interviene a spiegare che a Palazzo il disprezzo è impossibile. Il proposito del sainete è soprattutto di adulare gli alti personaggi presenti alla rappresentazione. Esso si svolge in un atto perfettamente strutturato, attraverso un dialogo concettoso, assai sciolto nella varietà delle assonanze. A noi, però, oggi interessa, più dell'«agudeza» di cui dovevano deliziarsi senza dubbio gli spettatori d'allora, una serie di motivi che Sor Juana esprime nella breve «pieza». Ad esempio, quando afferma che a Palazzo il disprezzo è il premio di chi non l'ha meritato; che la speranza è l'unica degna di disprezzo a corte. In queste affermazioni c'è la conoscenza della vita cortigiana nella sua realtà e una critica amara ad essa. Di molto interesse è il concetto che la suora esprime intorno all'amore, in perfetto accordo con gli schemi del tempo. Il vero amante


ha de tener de lo amado
tan soberano concepto,
que ha de pensar que no alcanza
su amor el merecimiento
de la beldad a quien sirve:
y aunque la ame con extremo,
ha de pensar siempre que es
su amor, menor que el objeto,
y confesar que no paga
con todos los rendimientos;
que lo fino del amor
está en no mostrar el serlo265.



Meno perfetto, ma più rispondente alle esigenze della farsa, è il Sainete segundo, pretesto per una critica della commedia, condotta in chiave umoristica, metro preponderante la silva, ma anche con strofe di eptasillabi e pentasillabi.

I due personaggi principali, Muñiz e Arias, disgustati dai due primi atti della commedia, si accordano per fischiarla, fingendosi mosqueteros, al fine di farla terminare inconclusa. Essi se la prendono con Acevedo, supposto autore del dramma, imponendogli quale pena del suo delitto la trascrizione della commedia, cosa alla quale Acevedo preferisce la morte a suon di fischi.

Come si vede, il pretesto è tenue. Ciò che però interessa nel sainete è lo spirito giocoso, sono le espressioni con cui Sor Juana formula la critica alla sua stessa opera, l'ironia con cui tratta del piacere e dello sfogo che rappresenta la mormorazione. Dice, infatti, Arias:


¿Y el murmurar, amigo? ¿Hay más descanso?
Por lo menos a mí, me hace provecho,
porque las pudriciones, que en el pecho
guardo como veneno,
salen cuando murmuro, y quedo bueno266.



Della commedia allusa, se ne dá la colpa a uno studente «que en las comedias es tan principiante, / y en la Poesía tan mozo, / que le apuntan los versos como el bozo»267. Si lamenta, poi, il fatto che, per far festa a Sua Eccellenza, non si sia scelta una commedia di Calderón, Moreto o Rojas, «que en oyendo su nombre / no se topa, a fe mía, / silbo que diga: ¡aquesta boca es mía!»268

In queste ultime parole di Muñiz traspare, forse, una critica alla facilità con cui si guardava più al nome dell'autore che al valore intrinseco dell'opera. Arias aggiunge che sarebbe stato meglio rappresentare Celestina, commedia in cui Muñiz si era mostrato «tan grancioso», che ancora temeva fosse «hechicera en traje de hombre».

La menzione di questa Celestina ha aperto prospettive suggestive. Il Salceda ha pensato a una possibile opera sconosciuta della suora, fondandosi su diversi motivi, tra i quali il tatto e la «cortesanía», così che si deve supporre che quando Sor Juana disprezza uno degli autori della commedia è perchè l'autrice è lei stessa269. Il giudizio è espresso da Muñiz in questi termini:


Amigo, mejor era Celestina
en cuanto a ser comedia ultramarina:
que siempre las de España son mejores,
y para digerirles los humores
son ligeras; que nunca son pesadas.
Pero la Celestina, que esta risa
os causó, era mestiza
y acabada a retazos,
y si le faltó traza, tuvo trazos,
y con diverso genio
se formó de un trapiche y de un ingenio.
Y en fin, en su poesía,
por lo bueno, lo malo se suplía;
pero aquí, ¡vive Cristo, que no puedo
sufrir los disparates de Acevedo!270



Nel teatro spagnolo del tempo esiste una commedia di Agustín de Salazar y Torres, la quale reca come sottotitolo La segunda Celestina. Si tratta de El encanto es la hermosura, y el hechizo sin hechizo, che l'autore, secondo nota Mesonero Romanos271, lasciò inconclusa alla sua morte, avvenuta nel 1675. Questo, almeno, aveva affermato Juan de Vera Tassis y Villaroel nel 1694, allorchè pubblicò le opere liriche e comiche del Salazar y Torres, aggiungendo che egli stesso aveva terminato il terzo atto per ordine sovrano. Il Mesonero Romanos aggiunge che la commedia fu pubblicata posteriormente col titolo de La segunda Celestina, «con otra inclusión de hechos por autor anónimo, en que imitó y descargó de incidentes la conclusión de Vera Tassis», ma che egli dà la preferenza a quella di questi perchè più autentica e in accordo col resto della commedia272.

Stando a queste notizie il Salceda suppone che la probabile autrice del secondo rimaneggiamento della commedia sia stata Sor Juana, dato che la nomina nel sainete; o anche che si tratti di altra commedia di cui non si ha notizia o che non fu mai pubblicata273. Interessanti illazioni, come si vede, ma nulla di positivo, fino ad ora almeno. Tuttavia, è fuor di dubbio che anche questi punti oscuri, unici rimasti dopo che il Salceda ha così minutamente individuato nel sainete allusioni e personaggi274, contribuiscono ad accrescere l'interesse della breve farsa.

Il festejo de Los empeños de una casa, conclude, come si è detto, con il Sarao de las cuatro naciones, ricco di forme metriche diverse, di rime svariate o assonanze, endecasillabi, romancillos e romances reales, esattamennte definito dallo Schilling «broche de oro de la adulación extremadamente barrocca y palaciega»275. Vi intervengono cori di spagnoli, di negri, di italiani e di messicani, tra musiche e danze, a celebrare le eccellenze della famiglia vicereale, con tutte le formule e le iperboli della retorica barocca.

Il valore del sarao doveva consistere soprattutto nel pittoresco dei costumi, nella danza e nella musica, degna conclusione del festeggiamento in grazia e armonia. I paragoni tra le divinità terrene e quelle mitologiche arricchiscono di valori plastici la grandezza delle prime. Qualche felice cromatismo, non nuovo in Sor Juana, è isolabile qua e là, ma si tratta di brevi momenti felici in un convenzionale gioco retorico. Ciò non impedisce, tuttavia, che le singole parti di questi atti unici diano maggior vigore e significato alla rappresentazione centrale, vale a dire alla commedia, di cui sono il complemento.

Se esaminiamo la seconda commedia di Sor Juana, Amor es más laberinto, la sua inferiorità nei confronti de Los empeños de una casa non ci sfugge. Alcuni hanno ritenuto che in quest'ultima commedia si dovesse vedere il segno della maturità della suora, mentre Amor es más laberinto sarebbe opera più acerba276. Senonchè Los empeños de una casa risale al 1683 e Amor es más laberinto è di almeno sei anni posteriore, cioè del 1689. Non si tratta, quindi, di maturità, ma di maggiore libertà creativa e di un momento di ispirazione più genuina. Certo comporre una commedia in collaborazione non doveva essere agevole, nè sollecitare eccessivamente l'entusiasmo della suora, autrice, nel festejo, della loa iniziale, del primo e del terzo atto della commedia. Quali i motivi di questa collaborazione così nettamente delimitata è solo possibile supporre. Forse si dovette alla brevità di tempo a disposizione tra l'incarico ricevuto e il giorno del festeggiamento, il compleanno del conte di Galve; o anche alla maggior conoscenza dei «galanteos» di Palazzo da parte del collaboratore, il «Licenciando» Juan de Guevara; o ancora al proposito da parte di chi aveva commissionato il lavoro, di rendere più adeguato omaggio al vicerè, incaricando del festeggiamento due autori famosi; o infine la disponibilità immediata della parte del Guevara, cui Sor Juana accomodò il primo e il terzo atto.

Si tratta, comunque, di un'opera faticosa nell'insieme, benchè le parti che si debbono a Sor Juana si salvino, soprattutto certi avvii e taluni passaggi del primo atto. L'entusiasmo che anche per questa commedia dimostrò il Chávez, il quale vi trovò prove straordinarie della flessibilità del talento sorjuanino «para seguir conceptos y diseñar y desarrollar planes», in una dimostrazione di «talento peculiarísimo, que patentiza raras dotes de coordinación intelectual y social»277, mi sembra assai difficile da accettare. La parte centrale, poi, dovuta al collaboratore, è la parte più debole dell'opera. Qui la versificazione, assai varia, come di consueto, si fa pesante e stucchevole nella rima baciata, più libera e accettabile nell'assonanza. L'argomento è di per sè alambiccato e privo di possibilità genuinamente liriche, benchè ci introduca nel curioso ambiente di palazzo e nella peculiarità del «galanteo». Tuttavia, talvolta sorprendono improvvisi bagliori, come allorchè Teseo, nella scena XI, esprime in questo modo l'avvicinarsi alla fonte del suo amore:


Llego ciego al Sol que miro.
- ¡Hermoso Sol, a quien hace,
con mucho aplauso festivo,
apagados rendimientos
de la noche el negro abismo.
Mariposa enamorada,
a tornos de vuestros pies
librando ardores que bebo,
qué dulce pira me erijo,
Ícaro de vuestros sayos,
si tan feliz me derrito!
¡Oh qué gallarda es la muerte,
de un peligro tan altivo!278



Sempre nella parte scritta dal Guevara i chiaroscuri sono intensi. Amore e morte sono i due poli intorno ai quali gira la vita, e l'autore eccelle nelle tonalità tragiche, cupe. Già all'inizio del secondo atto il clima di possibile tragedia è annunciato fin dai primi versi in cui il re di Creta, che ha nelle sue mani Teseo, pregusta la vendetta:


En esta del horror caverna obscura,
mi venganza insaciable hallar procura
modo con que templar el dolor fiero
del tormento mayor, del más severo
linaje de pesar y alevosía
que pudo fabricar la tiranía.279



Nel carattere del re, quale è dipinto dal Guevara, avvertiamo già un salto sensibile, poichè si caricano le tinte ed egli appare meno umano, più malvagio di quanto non lo abbia fatto Sor Juana nel primo atto della commedia. Questo primo atto, in sostanza, è il meglio riuscito di Amor es más laberinto. Il dramma prende lo spunto dalla mitologia, cioè dalla sorte di Teseo, che il destino ha incluso tra le vittime ateniesi inviate per tributo a Creta, al fine di essere immolate al Minotauro, nel labirinto. Ma l'amore «è più labirinto» del labirinto stesso e Teseo, salvato dalle principesse cretesi Arianna e Fedra, innamorate entrambe di lui, finisce per sposare quest'ultima e per risparmiare il re Minosse dalla giusta vendetta degli ateniesi giunti al comando di Licas. Si tratta di una commedia mitologica, ma svolta alla maniera delle commedie di cappa e spada, proiezione mitologica più secondo lo stile del teatro rinascimentale che di quello barocco, secondo alcuni280, in realtà tipicamente barocca nel suo insieme, sia per la parte che in essa vi ha il «galanteo», sia per la concezione dei «lances de amor», come naturalmente per lo stile impiegato. I toni più felici di tragedia, che vagamente richiamano quella greca, sono raggiunti da Sor Juana nella figura e nelle parole di Teseo. La musica fa da accompagnamento al coro, che presenta l'infelice situazione del principe ateniese, vinto dalla Fortuna senza che vi sia stata battaglia. La sua natura eroica non teme la morte, ma sente l'infamia di morire così bassamente, lui che nacque «a vida tan alta». Arianna, presa ormai, come la sorella, dalla bellezza e dall'«altivo sentir» del giovane, ribadisce tale concetto, affermando che all'anima più della morte sogliono essere dolorose «del morir las circunstancias».

Il tema della Fortuna è quello stesso del Fato greco. Essa non è meno tiranna. Nel primo atto Sor Juana rende con esatta misura il clima di una tragedia che non si costruisce solo sulla situazione del principe, ma sul tormento di Minosse, per il quale la vendetta è necessità di pace, «pues el ofendido, sólo / cuando se venga descansa». E tuttavia nel suo intimo la vendetta è fonte di acuta pena. La figura del re di Creta acquista dimensione nei versi sorjuanini, allo stesso modo di alcuni personaggi calderoniani tiranneggiati dal «pundonor», Minosse sente intimamente la pena di tante vittime innocenti immolate, ma la vendetta è necessità tirannica:


y aunque pudieran templar
en parte, mi enojo, tantas
malogradas juventudes,
cuyas vidas desdichadas
más que alimento a la fiera,
se lo han dado a mi venganza,
he quedado satisfecho
nunca, que no se restaura
con muchos que no lo son,
una frente coronada;281



Sembrerebbero note orgogliose, ma vi traspare una indubitabile amarezza che dà vita a chi pronuncia questi accenti. Così, nella scena II, sempre del primo atto, il re. Davanti a lui viene condotto Teseo, cui egli fa la grazia di mostrarsi, «porque es en los reyes gracia / dejarse ver,...», e di chiedergli la relazione delle sue «altas proezas», le quali per Teseo sono invece la «suma» delle sue disgrazie. Da questa relazione il re comprende la tragica grandezza della sfortuna del principe ateniese, quanto Teseo perda e lui guadagni in qualità nella sua vendetta.

Di molto interesse, per l'alta dignità, è il preambolo con cut il principe tenta di muovere il re alla giustizia, alludendo alle sue gloriose imprese, per le quali «sirven de cortos archivos / las bibliotecas del tiempo», alla sua saggezza di legislatore, per la quale regnerà anche dopo la morte.

Il concetto severo che Teseo ha della giustizia è quello stesso di Sor Juana e la situazione del principe colpito dalla sorte può facilmente essere trasferita a toni autobiografici nella suora. In Teseo, in sostanza, vi è la stessa dignità e la medesima fierezza che Sor Juana mostrerà nella Respuesta a Sor Filotea. Essa sa bene che chi si innalza viene duramente umiliato e lo copre l'oblio. Di ciò è ben cosciente anche Teseo, il quale afferma che «nadie conoce al que / ve en baja fortuna puesto».

E' a questo punto che, iniziando la relazione succinta delle proprie imprese al re, il principe afferma l'alto concetto che egli ha dell'uomo, figlio delle proprie opere. Quevedo aveva già messo l'accento su questo punto, nel Sueño del Infierno282. Nobile veramente è colui che si costruisce con le proprie azioni. Sor Juana lo afferma con ardimento davanti a un pubblico cortigiano, presumibilmente borioso e imbevuto dell'orgoglio di una nobiltà ereditata, non conquistata. Teseo dice, infatti, che l'essere nato «príncipe excelso» lo deve al sangue, non ai propri meriti, ma che egli non stima ciò che deve ad altri più di quanto deve a se stesso:


Que entre ser príncipe y ser
soldado, aunque a todos menos
les parezca lo segundo,
a lo segundo me atengo;
que de un valiente soldado
puede hacerse un rey supremo,
y de un rey (por serlo) no
hacerse un buen soldado.
Lo cual consiste, Señor,
si a buena luz lo atendemos,
en que no puede adquirirse
el valor, como los reinos283.



Sor Juana esprime in questo modo una vera e propria protesta sociale, che si definisce ancor più nei versi successivi, allorchè, sempre per bocca di Teseo, proclama l'eguaglianza originale di tutti gli uomini, poichè solo i fatti, le imprese, possono determinare distinzioni. L'«esfuerzo» unicamente ha differenziato gli uomini, per cui Teseo stima che non sia alterigia se più si vanta del proprio valore che della nascita.

Al lungo preambolo di Teseo, assai interessante per conoscere le idee di Sor Juana sul valore del merito, segue il racconto delle sue imprese, sfilata mitologica in cui il barocco sorjuanino si compiace. Ma anche attraverso questo racconto si costruisce l'interezza di un eroe che ha tutto di umano, la coscienza morale, la dirittura, la fierezza, la sincerità degli affetti e la coscienza delle dure lotte per la vita. Parlando dell'amicizia, ad esempio, egli dice che l'offesa dell'amico, se tale è veramente, è offesa fatta a se stesso; che la più dura vittoria dello uomo è quella che riporta su di sè. Con la propria morte, egli è cosciente di compiere un'impresa ancora una volta memorabile, se vale a liberare Atene dall'inumano vassallaggio.

La figura di Teseo è la più alta e ricca di quante compaiono nella commedia. Le altre figure si sfuocano a suo paragone.

Altro motivo importante di Amor es más laberinto è quello relativo all'amore. Qui si ripetono gli intrighi più consueti, nella gara tra le due donne per impadronirsi del cuore di Teseo. Soprattutto nel terzo atto i casi dell'«enredo» e i duelli costituiscono parte essenziale. Alla fine, il re Minosse concede facilmente Fedra a Teseo, allorchè vede la propria vita in pericolo. Anche in questo momento il principe non smentisce il proprio carattere grande e generoso.

In Amor es más laberinto i difetti sono molti, quelli stessi posti in rilievo per Los empeños de una casa, ma anche una maggiore mancanza di profondità nello studio dei personaggi e nello svolgimento dell'azione. Arianna, ad esempio, nel terzo atto, è esattamente la copia di doña Ana de Los empeños de una casa. La figura di Minosse è generalmente piatta, scialba, e conclude in modo inonorando. La slegatura tra le varie parti della commedia si palesa con troppa evidenza. L'opera decade anche nelle parti umoristiche, le quali risultano solo insipide o grottesche. Le esclamazioni sono palesemente retoriche. Per tutto ciò si è tentati di sottoscrivere come intenzionalmente di Sor Juana, autrice della commedia, le parole con cui Tebandro le dà fine:


   -Y perdón, rendida,
os pide la pluma que,
contra el genio que la anima,
por serviros escribió,
sin saber lo que escribía284.



Forse c'è davvero della insospettata sincerità in questi versi, se pensiamo all'anno in cui Sor Juana scrive i due atti della commedia, e al fatto che l'intervallo precedente è occupato dagli autos sacramentales, materia più consona alla sua condizione e al suo spirito. La suora chiede venia, quindi, in nome dei suoi obblighi verso il vicerè, per aver scritto contro il «genio» che la animava.

Nonostante quanto si è detto, vale tuttavia la pena di mettere ancora in rilievo singoli passaggi dagli atti sorjuanini. Nel primo atto Sor Juana esprime per bocca di Arianna l'attrazione che sulle anime «altive» ha l'infelicità. Nelle cose d'amore essa sa quanto l'insistenza allontani l'affetto. Fedra dice a Lindoro, suo innamorato, che le sue «tiernas ansias» tanto più la «desobligan», quanto più perseguono il contrario. Sempre attraverso Fedra si esprime un altro concetto che informa la nobiltà femminile: la donna che non ricambia l'amore può essere verso il suo corteggiatore «altiva», ma non ingrata di fronte alle sue pene. E anche che «...quien no ofende amando / en amar no desagrada». Sono tutti tratti di una cortesia d'amore che costruisce la bellezza della donna. Nell'innamorato c'è poi la speranza, «que vive / de no tener esperanza».

Altri concetti si esprimono ancora nel primo atto. L'ambasciatore di Atene implora per Teseo la maggior vendetta, il perdono, perchè per un uomo nobile non v'è castigo come questo. La mutevolezza della Fortuna riprende, nelle parole di Fedra, l'immagine che fu di Manrique, ma nel senso di una possibilità felice. La speranza vive finchè dura la vita e la ruota può mutare il suo giro:


No os quite la confianza,
Príncipe, esta desventura,
que mientras la vida dura,
tiene lugar la esperanza.
    Nunca la Fortuna queda
se está, y si abatido os veis,
antes que vos acabéis
podrá volverse la rueda285.



Una efficace critica della retorica amorosa barocca è condotta dal servo del principe Baco, Racimo, il quale incoraggia in questi termini il padrone a corteggiare la donna di cui è innamorato:


Haz cuenta que eres poeta
y que te hallas en un paso
de comedia, donde es fuerza,
sin estar tú enamorado,
fingir otro que lo esté
y díle soles y rayos,
ansias, desvelos, respetos,
temor, silencio y cuidado,
y atención sin esperanza,
que es lo que corre en Palacio,
y verás como lo aciertas286.



In conclusione, Amor es más laberinto è una commedia di evidenti difetti, sia di struttura che di contenuto, ma vale, tuttavia, per certi passaggi, a dimostrarci ancora la sensibilità di Sor Juana e talvolta anche la sue inequivocabili qualità di artista.

La commedia Amor es más laberinto va preceduta da una lunga composizione di carattere allegorico-cortigiano, la Loa a los años del Excelentísimo Señor Conde de Galve. Si tratta del primo compleanno del vicerè a Messico, l'11 gennaio 1689, e il festeggiamento avveniva, come si deduce dal titolo della loa, alla presenza del vicerè uscente, conte della Monclova.

Nell'operetta gli interlecutori sono l'Etá, le Stagioni, con il consueto accompagnamento di musica. Si augurano anni felici al festeggiato, avendo cura, però, di non dimenticare nessuno dei presenti. L'interesse di questa loa sta nel documento che essa rappresenta della tematica barocca, nella dinamicità spiegata dai personaggi simbolici, che acquistano vita singolare, e nei valori musicali che la varietà dei metri solo ci permette di cogliere incompletamente, anche se ce ne danno maggior ragione alcune scene, come, la IV, in «ecos», dalla quale si può supporre l'effetto che doveva raggiungere la rappresentazione accompagnata dalla musica.

Loas isolate di Sor Juana, che con ogni probabilità venivano rappresentate a Palazzo o nel convento in occasione di visite illustri, ne possediamo diverse, composte in occasioni simili a questa che esaminiamo: per il re, la regina, la regina madre, i vicerè, o per prelati illustri287. In ognuna di esse si sbizzarrisce l'ingegno della suora, in uno sfolgorio di immagini barocche, in esuberante mitologia, raggiungendo inevitabile monotonia, esteriorità assoluta.

Tuttavia la loa che precede la commedia Amor es más laberinto mi sembra più di ogni altra degna di attenzione, non solo come parte di un più organico spettacolo, ma per il suo significato intrinseco, in quanto vi possiamo cogliere nuove note del pensiero e del carattere di Sor Juana. E poichè si è parlato di una inclinazione che chiameremo copernicana della suora nella concezione del mondo, proprio in questa loa troviamo un passo che smentisce nuovamente queste illazioni, precisamente là dove, nella scena II, l'Etá parla di «movimiento del Sol». In questo stesso personaggio, spiegando il succedersi di luce e di ombra, il susseguirsi delle stagioni, la composizione del tempo, la divisione dei giorni e delle ore, l'attardarsi compiaciuto della poetessa su tali cose attesta ancora una volta le sue prepotenti inclinazioni scientifiche. Da qui essa passa, come per via logica, a una considerazione filosofica, quando dice che «aunque los años son tiempo, / el tiempo es más que los años». Il tema del tempo è ricorrente nell'opera sorjuanina e si unisce strettamente a quello della moralità della vita.

Nella medesima scena, sempre l'Etá insiste sulla brevità delle stagioni di fronte al tempo. Proprio in questo tempo eterno, che domina la brevità dei tempi umani, Sor Juana coglie l'occasione per dare ai festeggiati incitamenti morali, così che sulla terra il loro passaggio si eterni precisamente nel tempo, per la giustizia delle loro azioni.

Esiste un altro momento interessante nella loa, il tentativo di Sor Juana di giustificarsi quale autrice di opere di carattere così marcatamente profano e del fatto di ricorrere a divinità mitologiche per i suoi paragoni. Sembra quasi che la suora tema un'accusa di paganesimo. Di questo suo modo di procedere sembra volersi discolpare, adducendo la colpa alla volontà di un'autorità superiore, i personaggi illustri citati.

Ciò che oggi potremmo rimproverare a Sor Juana autrice della loa è soprattutto l'eccessivo compiacimento che dimostra nel gioco delle immagini e nel ricorso alla «agudeza», che talvolta è solo superficiale esercitazione d'ingegno. Ma non di rado, come nella scena IV, l'autrice eccelle negli effetti ritmici e musicali, e spesso ci troviamo di fronte a momenti felici, anche se non nuovi.

Appare comunque evidente che in queste brevi composizioni drammatiche, di carattere simbolico e cortigiano, Sor Juana paga maggiormente il tributo all'esteriorità della moda barocca, dimostrandosi chiaramente autrice «palaciega»; pur raggiungendo il suo ingegno abilità straordinaria, l'ispirazione è limitata. Non è quindi sulle loas che si può stabilire la validità di Sor Juana autrice di teatro. Esse sono, come del resto la commedia Amor es más laberinto, un complemento della sua opera drammatica, che si mostra nelle sue migliori qualità artistiche essenzialmente, in questo ambito profano, nella commedia Los empeños de una casa.



Anterior Indice Siguiente