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L'opera letteraria di Sor Juana Inés de la Cruz

Giuseppe Bellini



La figura di Sor Juana Inés de la Cruz è, con quella di Garcilaso de la Vega, El Inca, una delle più alte e significative della letteratura della colonia. Il Messico coloniale vede esprimersi, nell'opera della Suora, la sua sostanza spirituale e il suo svolgimento drammatico, così come il Perù della colonia si esprime totalmente nell'opera dell'Inca. Ciò spiega come, dopo inevitabili periodi di dimenticanza, dovuti al diffondersi delle correnti anti-barocche, Sor Juana abbia visto accrescersi sempre più intorno a se l'interesse della critica più qualificata. La sua produzione letteraria ha ancor oggi del sorprendente. Autrice drammatica, prosatrice e poetessa, Sor Juana Inés manifesta concretamente, in tutti i suoi scritti, non solo la propria complessità spirituale, ma anche quella di tutto il suo mondo, che efficacemente si esemplifica nel suo dramma personale.

Lo studio che qui presentiamo vuol essere la conclusione, da parte dell'Autore, di una lunga stagione di interesse verso l'opera sorjuanina, che qui viene trattata in tutti i suoi vari aspetti.

In copertina: Sor Juana Inés de la Cruz, da Fama y Obras Postumas del Fénix de México, Madrid, 1700.




Premessa

L'interesse destato in me dalla figura e dall'opera letteraria di Sor Juana Inés de la Cruz ha origini ormai remote: esso risale, infatti, ai primi anni della mia attività ispano-americanistica. Da allora mi son venuto dedicando in varie occasioni allo studio di questo argomento, dapprima limitandomi all'esame della parte più nota e suggestiva dell'opera sorjuanina, quella in cui maggiormente la critica aveva veduto riflessa la personalità contrastata della suora, vale a dire la poesia e la prosa della Respuesta a Sor Filotea. Col trascorrere del tempo, tuttavia, e una più approfondita conoscenza della creazione letteraria di Sor Juana nel suo insieme, alcune impressioni precedenti e taluni giudizi formulati anteriormente hanno dovuto essere modificati, soprattutto nei riguardi di determinate parti dell'opera della suora, a volte troppo frettolosamente giudicate dalla critica. Il significato intrinseco di un'opera letteraria parimenti importante in tutti i suoi diversi aspetti, dalla poesia al teatro, alla prosa, mi è apparso, quindi, più chiaro. Da esso scaturisce nel contempo il senso più vero e profondo di una figura come quella di Sor Juana, ancor oggi così drammaticamente operante.

In queste pagine va, perciò, il risultato di questi anni di frequentazione dell'opera sorjuanina, in un esame che intende essere un contributo ad una sua più serena valutazione.






ArribaAbajoCapitolo Primo

La fama di Sor Juana


La grandezza della letteratura coloniale ispano-americana si fonda su pochi nomi eminenti. Tra questi il maggiore è senza dubbio quello di Sor Juana Inés de la Cruz, al secolo Juana de Asbaje y Ramírez de Santillana1.

Le vicende della sua biografia, fanno di Sor Juana una figura umanamente interessante2, ma essa vive ancor oggi indipendentemente dall'episodio umano, per il valore della sua opera letteraria in cui si rispecchia, in tutte le sfumature, il suo ingegno eccezionale.

L'opera di Sor Juana, almeno quella valida a noi pervenuta, appartiene al periodo conventuale. Abbraccia, quindi, un arco di tempo che va press'a poco dal 1669 al 1691, anno in cui con la Respuesta a Sor Filotea chiude definitivamente la sua attività di scrittrice, con un documento umano dei più toccanti. In questo periodo Sor Juana affronta tutti i generi, dalla poesia al teatro, sacro e profano, alla prosa, in una sorprendente molteplicità di sfumature che danno ragione del suo ingegno e della prepotente passione intellettuale dalla quale fu sempre dominata, origine prima di tutte le sue contrarietà.

La fama di Sor Juana si estese rapidamente. Nella sua cella si raccoglieva il meglio della società messicana, vicerè, alti prelati, intellettuali. Numerosi incarichi le giungevano da ogni parte, specie dai Capitoli delle chiese metropolitane di Messico e Oajaca. Il suo ingegno fu continuamente sollecitato, in uno sforzo intenso, a prendere parte alla vita del suo mondo, attraverso una lunga serie di composizioni di circostanza, tra le quali si contano opere drammatiche, archi trionfali per l'ingresso di personaggi eminenti nella capitale, poemi encomiastici, villancicos e letras sacre.

Per l'ingegno non comune, l'abbondanza e la varietà della sua opera, Sor Juana è un nuovo fenomeno dell'età barocca, un «monstruo de la naturaleza», come allora si diceva. Si spiega, quindi, come essa desti l'universale ammirazione. Da ogni parte del mondo ispanico le giungevano calorosi consensi. Da Lima il poeta Juan del Valle y Caviedes le inviava un interessante romance3 in cui, con ardito avvio concertista, ne celebrava l'intelligenza e la fama, paragonandola a un altro prodigio del Perù coloniale, la Monja Alférez, per proclamarne l'eccellenza assoluta nella poesia, come questa l'aveva avuta nelle armi:


Por vuestro ingenio divino,
sutil, la del oro llaman,
si a influjos los dos de Apolo
cultiváis venas de Arabia,
el aplauso vuestro es tal
que porque sabio resonare,
en docto clarín de letras
fundió de bronce la fama;
[...]
Como hubo la Monja Alférez
para lustre de las armas,
para las letras, en vos
hay la monja capitana.



Sempre dal Perù le erano pervenuti altri romances ammirativi. Il conte de la Granja gliene aveva inviato uno anonimo4, cui Sor Juana aveva risposto svelando il nome dell'ammiratore5 Ci è pervenuto un romance della suora in risposta a un cavaliere del Perù, che le aveva inviato «unos Barros, diciéndole que se volviese hombre»6. Un altro romance della poetessa è volto a ringraziare il Dottor José de la Vega y Vique7. Un romance ammirativo perviene a Sor Juana da un cavaliere appena giunto nella Nuova Spagna8, cui essa risponde con un altro romance9. Ampi consensi dal vecchio mondo attesta il romance incompiuto, diretto alle «inimitables Plumas de Europa»10. Tra i molti applausi spiccano talora stranezze accesamente barocche, ma i romances sorjuanini non sono puro prodotto di circostanza, poichè ci permettono di penetrare la situazione drammatica del suo spirito di fronte all'applauso, manifestantesi ora in un atteggiamento ironico, ora in una protesta di indegnità che non doveva essere fatto esterno. Il dubbio intorno al reale valore della propria opera persiste nella suora durante tutta la sua attività letteraria, che essa continua ad affermare occasionale11. In particolare dai versi alle «inimitables Plumas de Europa» traspare il nascosto timore che il plauso le possa venire solo per il fatto della sua condizione di donna12. Nei confronti della fama Sor Juana ha sempre un duplice timore: che essa sia veramente meritata e che le venga tributata, per le conseguenze che ha continuamente sulla sua vita, provocandole intorno diffidenze e persecuzioni.

Seguendo l'alterna vicenda del barocco negli apprezzamenti della critica, l'opera di Sor Juana ha visto in seguito diverse valutazioni. Le opere sorjuanine furono raccolte e pubblicate parte durante gli ultimi anni della sua vita, parte postume. Nel 1689 fu edito a Madrid il volume baroccamente intitolato Inundación Castálida de la Única Poetisa, Musa Décima, Soror Juana Inés de la Cruz13, il cui successo dovette essere notevole se appena l'anno successivo se ne faceva una seconda edizione «corregida y mejorada por su Autora»14. Questo volume finì per costituire, in seguito, il primo dei tre di cui si compose la sua opera completa. Gli seguì, infatti, nel 1692, il Segundo volumen de la Obra de Soror Juana, edito a Siviglia15, ristampato l'anno seguente a Barcellona, con notevoli aggiunte, anch'esse indicate come di mano dell'autrice.

Dopo la morte di Sor Juana Inés il gesuita Juan Ignacio de Castorena y Ursúa curò la pubblicazione del volume intitolato Fama y Obras Póstumas16, apparso a Madrid nel 1700, terzo tomo dell'opera completa della suora.

Quest'ultimo libro fu ristampato a Lisbona l'anno seguente. In seguito i tre volumi furono stampati come «corpus» completo dell'opera sorjuanina, a Valenza e a Madrid17. Precedentemente, tuttavia, alcune opere della suora erano state edite isolatamente. E' il caso del Neptuno Alegórico, della Carta Athenagórica, dell'auto sacramental de El Divino Narciso, di vari villancicos e opere minori18.

Le edizioni cui ho accennato attestano inequivocabilmente il favore di cui godettero gli scritti di Sor Juana fino ai primi anni del settecento. L'ultima edizione è del 1725, ma già la corrente di ammirazione e di simpatia si era molto attenuata, se il Padre Feijóo, nel primo tomo del Teatro Crítico Universal, l'anno successivo formulava dure critiche nei confronti dell'opera sorjuanina. Pur riconoscendo, infatti, in Sor Juana una delle donne intellettualmente più acute del suo tempo, Feijóo le negava talento poetico, affermando che questo fu «lo menos que tuvo»19. Più tardi, in pieno ottocento, la parabola discendente della fama di Sor Juana precipita. Juan Nicasio Gallego, prologando la poesia dell'Avellaneda ed esaltandone la grandezza, non esita a distruggere con giudizio sbrigativo il valore dell'opera sorjuanina, sostenendo che dal momento della «restauración del buen gusto» i versi della suora, «atestados de extravagancias gongorinas, yacen supultados en el polvo de las bibliotecas»20.

La corrente detrattiva ebbe, naturalmente, seguito immediato in America. Nello zelo di mostrarsi aggiornati sulle posizioni della critica peninsulare gli ispano-americani arrivarono a giudicare esercitazione puramente superficiale un'opera che, se per qualche motivo poteva giustificare critiche e riserve, si imponeva invece nella sostanza come una delle manifestazioni più valide delle lettere coloniali21. In epoca più tarda, tuttavia, verso la fine del secolo, mutato il gusto, si incominciò a intravvedere anche la possibilità di una rettifica di giudizio intorno a Sor Juana. Il valore fino a quel momento negato, venne gradualmente riconosciuto. Ma per poter fare questo, perdurando l'interpretazione del barocco quale espressione della perversione del gusto, si cercò di diminuire in quanto la suora aveva scritto il peccato della contaminazione gongorina.

Lo stesso Menéndez y Pelayo che fu il primo, agli albori del novecento, a rivalutare apertamente, anche se in modo parziale, l'opera di Sor Juana, rimase legato al preconcetto antibarocco. E' però di grande importanza che il critico santanderino osasse già allora proclamare apertamente che nel mondo letterario spagnolo e americano del secolo XVII l'apparizione della suora aveva del soprannaturale e straordinario22. A partire da questo giudizio positivo iniziava nella critica un progressivo movimento di rivalutazione dell'opera sorjuanina. Il Menéndez y Pelayo ne aveva, in sostanza, riconosciuto i meriti reali e, pur ritenendo che la grandezza di Sor Juana risaltasse maggiormente sullo, sfondo di totale pedanteria e aberrazione letteraria in cui gli appariva manifestarsi la letteratura della Nuova Spagna, non esitava a concederle «la palma en lo lírico». In particolare egli si mostrava colpito dalla curiosità scientifica «universal y avasalladora» da cui vedeva dominata sin dall'infanzia la suora. Forse anche per questo riconosceva che significava ben poco, nei suoi confronti, dichiararla superiore a tutti i poeti del regno di Carlo II, epoca certamente assai infelice per le lettere ispaniche23.

Uomo del suo tempo, tuttavia, il Menéndez y Pelayo, facendo questi apprezzamenti, isolava anche aspetti che riteneva negativi nell'opera di Sor Juana. Infatti, egli si limitava a valorizzare le liriche amorose e le canzoni intercalate al Divino Narciso, avvertendo che la grandezza della suora non si doveva cercare nel resto della sua produzione poetica, neppure nella fantasia del Sueño dove, imitando Góngora, risultava, secondo il critico, «más inaccesible que su modelo»24. Questa parte della produzione letteraria di Sor Juana veniva considerata dal Menéndez y Pelayo come un documento curioso per la storia dei costumi coloniali e una chiara testimonianza di come la tirannia dell'ambiente può arrivare a «pervertir las naturalezas más privilegiadas»25.

Malgrado queste limitazioni e incomprensioni, il movimento di rivalutazione era avviato assai autorevolmente e più tardi doveva dare i suoi frutti. E' infatti in tempi ancora relativamente recenti che Sor Juana vede il riconoscimento più completo del suo valore, quella che il Méndez Plancarte ha chiamato la sua nuova «alba de oro»26 risultato ultimo di un più ampio movimento che ha portato alla definitiva rivalutazione del barocco. La conseguenza più appariscente è che ora ciò che maggiormente viene posto in rilievo è quanto con più durezza era stato precedentemente condannato. Gerardo Diego, ad esempio, esalta apertamente dell'opera di Sor Juana gli elementi gongorini27. Il Vossler pone il Primero Sueño in un rilievo preminente nel nucleo della poesia sorjuanina28. Il Valbuena mette in risalto la potenza intellettuale della monaca, la delicata sensibilità, la profonda vibrazione umana, caratteri che, a suo giudizio, danno alla lirica di Sor Juana un accento preromantico29. E' tuttavia in America, ed è logico, che il movimento rivalutatore dell'opera sorjuanina ha dato i maggiori risultati, soprattutto in Messico, culminando nell'edizione critica di tutte le opere di Sor Juana, ideata e curata dal Méndez Plancarte, e condotta a termine dal Salceda30, edizione che permette oggi un giudizio più adeguato all'importanza di tutta la sua creazione letteraria.




ArribaAbajoCapitolo Secondo

L'opera poetica


Il nucleo maggiore, se non il più importante in senso assoluto, dell'opera di Sor Juana è costituito dalla poesia31. E' questa parte della sua produzione che ha sollecitato il maggior numero di commenti da parte della critica, determinando spesso un ingiustificato disinteresse per aspetti non meno importanti della sua creazione artistica, quali il teatro e la prosa, se si eccettua la Respuesta a Sor Filotea de la Cruz, ricca di suggestioni autobiografiche.

Sulla poesia, in definitiva, si è fondata per tanto tempo la maggior fama della suora, benchè essa non sia sufficiente a darci l'esatta misura della sua statura letteraria. Precisamente sulla parte poetica della sua opera poneva l'accento il Menéndez y Pelayo, allorchè qualificava il suo apparire nella piatta atmosfera che la circondava, come qualcosa di soprannaturale e straordinario32.

Oggi il giudizio intorno allo sfondo su cui si determinò l'apparire di Sor Juana Inés de la Cruz è alquanto mutato. Se pensiamo allo splendore del Siglo de Oro, la letteratura della Nuova Spagna ne è certamente un pallido riflesso. Tuttavia alcuni nomi si salvano, contrariamente alle affermazioni del Cossío33, dalla marea del cattivo gusto che sembrava imperante. Intendo alludere non solo a Sigüenza y Góngora, ma anche al Padre Matías de Bocanegra, a Luis Sandóval y Zapata, a José Avilés e a Fray Juan de Guevara, esattamente rivalutati dal Méndez Plancarte34. Si tratta di autori che, pur non essendo di valore eccezionale, tuttavia danno significato all'ambiente in cui si presenta Sor Juana.

E' fuor di dubbio che la disposizione di Juana Inés alla poesia fu preponderante e assai precoce. Scrive il padre Calleja che «La primera luz que rayó de su ingenio fue hacia los versos españoles», e che tutti si meravigliavano per la facilità con cui «salían a su boca los consonantes y los números», che la poetessa componeva «como si no los buscara en su cuidado», ma piuttosto come li trovasse «de balde» nella memoria35.

La stessa suora, nella Respuesta a Sor Filotea, fa chiaro riferimento a questa abilità straordinaria di poetare, fonte prima di numerose opposizioni36. Tale naturale disposizione, unita alla sete non comune di letture, alla vasta conoscenza che andò acquistando dei maggiori lirici ispanici del Siglo de Oro, fa sì che nella poesia di Sor Juana si riassuma completa l'esperienza del Rinascimento spagnolo e dell'età barocca. Nella lirica della monaca si colgono, infatti, molteplici presenze dei massimi lirici ispanici delle epoche indicate, senza che ne risultino diminuiti l'originalità e il merito, la profonda nota personale, che sempre si impone, al disopra delle tecniche e delle influenze assimilate; nota che a torto il Vossler riteneva così difficile poter individuare, tanto viva vedeva nella poesia sorjuanina l'orma, non solo di Góngora, ma anche di Castillejo, di Valdivielso, di Lope, di Calderón e di Polo de Medina37.

Nella poesia di Sor Juana si opera quella condensazione intensificata e quella sintesi di cui dice Dámaso Alonso a proposito di Góngora38. Non compaiono, infatti, in essa, rigide frontiere, ma si percepiscono tutte le presenze. Nell'artista confluiscono tutte le voci che trovano rispondenza nella sua sensibilità, e contribuiscono alla sua formazione, all'espressione di un messaggio originale. In Sor Juana, ultima rappresentante di un'epoca di grande poesia, si concreta il magistero dei grandi lirici del Siglo de Oro, l'esperienza al tempo stesso, dei secoli precedenti.

Insistendo appunto sulla molteplicità di voci che si possono avvertire nell'opera sorjuanina -non solo nella poesia, s'intende-, i vari critici hanno sostenuto, con argomenti diversi, la prevalente influenza di un poeta piuttosto che di un altro. Esaminando la lirica della suora il Cossío insiste, ad esempio, nelvedervi una dominante influenza calderoniana. Secondo il critico fin dal primo istante in cui Sor Juana scrisse poesia dovette sentire preponderante l'influenza di' Calderón, evidente soprattutto per un caratteristico «prurito intelectual» che domina l'opera di entrambi39. Ma tale caratteristica intellettuale non fu esclusiva di Calderón nel suo secolo. D'altra parte il Cossío arriva, per questa via, a negare, in sostanza, il gongorismo della suora, carattere in realtà congenito in lei, affermando che quando vuol essere gongorina Sor Juana deve farlo «muy sobre pensado y aposta», come nel Sueño, mentre quando si lascia influenzare da Calderón essa opera spontaneamente40.

Il Méndez Plancarte pone, invece, particolarmente l'accento su Góngora, pur considerando anche Calderón, Lope e altri lirici del secolo d'oro41.

Intorno al gongorismo di Sor Juana i pareri sono spesso contrastanti. In un suo saggio Alicia Sarre ha posto in rilievo l'adesione della suora al gongorismo e al concettismo, ma anche alla scuola tradizionale, e ha insistito sulla sua spontaneità42. Il Carilla ha fatto i nomi di Góngora e di Calderón, di Lope, di Castillejo, di Quevedo, di Polo de Medina e ha osservato che parecchi dei versi di Sor Juana dimostrano chiaramente come il vero poeta superi sempre le scuole. Egli propende, tuttavia, per un'intima adesione della suora a Calderón che, secondo il critico, è il poeta che meglio si adatta al suo spirito, dando forma alle sue commedie, agli autos e penetrando profondamente anche i suoi versi43.

Nella molteplicità di opinioni accennate si fa largo, naturalmente, anche la particolare preferenza del critico, l'inclinazione della sua sensibilità. Il che è favorito, appunto, dalla molteplicità delle note che presenta la poesia sorjuanina. Ma al disopra della varietà delle opinioni si afferma un'unica realtà: l'originalità di Sor Juana, pur nelle particolari preferenze letterarie. Le tracce individuabili nella sua opera, siano esse di Góngora, di Calderón, di Lope, o di quanti altri poeti si voglia di Spagna, e anche d'America, valgono solo a rivelarci le sue particolari inclinazioni, la strada seguita verso una progressiva affermazione della propria personalità. Ma se vogliamo insistere sull'argomento delle influenze, tra le molte è da mettere in rilievo quella fondamentale di Góngora, che dà alla poetessa il mezzo più idoneo alla sua espressione. In Calderón, in Quevedo, in Lope e in altri poeti Sor Juana trova note in cui vede il riflesso di situazioni personali, del suo atteggiamento sentimentale, quindi vi aderisce profondamente. E' il caso di parlare qui anche di Garcilaso, di Fray Luis de León, di San Juan de la Cruz, che trovano anch'essi piena rispondenza nello spirito sorjuanino. Le scuole poetiche del Rinascimento offrono alla suora il modello suggestivo per l'espressione di una sottile malinconia che le è propria e che si manifesta in toni sfumati, in raffinati valori melodici, in particolare nelle poesie d'amore. Tuttavia, la serietà essenziale con cui Sor Juana considera la vita le viene soprattutto da Quevedo, nel senso di una profonda e dominante preoccupazione esistenziale, che talvolta assume nella sua opera addirittura accenti d'angoscia, e che ha il suo fondamento, prima che nei modelli letterari e nelle letture, in una personale esperienza di delusione e di dolore.

Non altrimenti che come espressione di una preoccupazione costante, che tenne agitata per tutta la vita la suora, è da interpretarsi quel senso di misterioso «cuidado» che tutta la sua poesia esprime. Timore in cui è coinvolta con la sua vita materiale, quella dell'anima. Di qui il sorgere di una filosofia morale non retorica, in cui l'individuazione delle diverse presenze letterarie può condurre solo alla scoperta delle preferenze sorjuanine, nelle quali Quevedo ha parte dominante.

Dalla esperienza diretta di dolore viene quel vasto senso di «desengaño» che si esprime in tutta la sua opera. Su questo dato personale si inserisce, trovandovi terreno propizio, l'influenza non solo dei maggiori lirici spagnoli del Rinascimento e del barocco, oltre che di composizioni isolate, quali l'Epístola Moral a Fabio e la Canción a las ruinas de Itálica, ma dei poeti messicani, in particolare di Matías de Bocanegra, la cui Canción a la vista de un desengaño esercitò influenza profonda sulla poesia della Nuova Spagna a partire dalla metà del seicento. Tra gli altri poeti spagnoli, più che insistere sulla presenza nella poesia sorjuanina di Jacinto Polo, dal quale, è vero, a volte la suora prende lo spunto per alcune composizioni liriche44, ritengo sia da porre l'accento sull'influenza di Lope. La fama di Lope in America è efficacemente documentata dal noto omaggio della peruviana Amarilis, cui rispose grato il poeta. Da parte sua Lope ebbe sempre particolarmente presente l'America, soprattutto nelle commedie45). Esisteva, quindi, nell'opera del drammaturgo spagnolo anche un possibile richiamo sentimentale per Sor Juana, affermatrice cosciente della propria messicanità. Ma qualcosa di più profondo dovette trovare immediata rispondenza nell'intimo della suora, lettrice appassionata di Lope, anche al di fuori del teatro. Intendo alludere a certa, lirica lopiana che esprime una nota penetrante di dolore per tristi esperienze della vita a lei non sconosciute.

Il Méndez Plancarte ha accennato ad alcune presenze di Lope nella poesia sorjuanina46. Egli si riferisce concretamente a due romances, che iniziano con i versi Finjamos que soy feliz e Si daros los buenos años, scritto quest'ultimo per il compleanno del vicerè, marchese della Laguna47. Nei due romances il critico avverte un'eco generica delle composizioni lopiane A mis soledades voy e Pobre barquilla mía, ma molti altri echi di Lope sono avvertibili nella lirica della suora. Bisogna, tuttavia, riconoscere che nei romances citati è più perfettamente riscontrabile una identità di clima, non solo con le liriche lopiane indicate, ma anche, e in modo particolare con l'Égloga a Claudio, così profondamente autobiografica, dove, colta la vanità delle cose, ombra e vento, il canto sfocia in desiderio di morte.

Nella lirica A mis soledades voy Lope manifesta la coscienza dolorosa dell'inevitabile limitazione di ogni sapere, la delusione personale nei confronti del mondo, lamenta il decadimento dei valori morali ed esprime un sofferto desiderio di vita libera da volgari compromessi. Gli stessi motivi, più o meno, sono espressi in Pobre barquilla mía, che si chiude in canto desolato sul totale fallimento della vita del poeta, di fronte al succedersi delle sventure familiari.

Nel romance Finjamos que soy feliz Sor Juana alza in accesi toni di dolore il proprio lamento nei confronti dell'ingegno, fonte di persecuzione e d'incomprensione, motivo non retorico in lei. La suora coglie amaramente il senso del proprio limite, un limite estremamente umano, nella presenza della morte, che annulla ogni orgoglio, ogni pretesa intellettuale.

Tale senso del limite riduce la creatura alla sua esatta misura. Qui si fondono gli echi dell'Égloga a Claudio e di A mis soledades voy. La condizione disperata di colui che tenta invano di sapere appare più triste alla luce dell'unica realtà che domina l'esistenza umana. Sor Juana lo esprime efficacemente in questi versi:


Si es para vivir tan poco,
¿de qué sirve saber tanto?



Nel romance al marchese della Laguna l'esortazione della suora a vivere rettamente manifesta, in sostanza, con profondi motivi morali, la stessa delusione verso il mondo espressa da Lope allorchè vede i valori eterni calpestati e derisi. Si tratta di stretti punti di contatto, per l'atteggiamento spirituale, che possono anche prestarsi ad altri accostamenti con poeti diversi, ma che in Sor Juana attestano inequivocabilmente una concreta lezione lopiana anche attraverso l'andamento agile del verso, il ritmo, il tono apparentemente staccato, in realtà doloroso e sofferto, di talune composizioni.

Al di sopra di tutte le influenze di fondo, risalta però in Sor Juana quella formale di Góngora. Egli era il maestro dominante nella poesia dell'epoca sorjuanina. L'imitazione del poeta spagnolo fu, infatti, una delle manifestazioni più comuni e spesso più superficiali della poesia coloniale. A Góngora si ispirarono piattamente, come a massimo modello, i numerosi certami poetici, in cui si proponeva espressamente l'imitazione di passaggi già famosi della sua poesia48.

Per Sor Juana, tuttavia, Góngora non fu modello esteriore, ma qualcosa di intimamente vivo; rappresentò il suo modo ideale di esprimersi in efficace bellezza artistica.

Più dei passaggi in cui la suora manifesta il suo entusiasmo per il poeta spagnolo, secondo lo stile dell'epoca, chiamandolo «Apolo andaluz»49, «Virgilio cordobés», lodando il suo «de todas maneras gigante, Polifemo»50 e celebrando di Córdova il privilegio di avergli dato i natali -«Córdoba, que por ser hijo suyo / Góngora, de felice se precia»51-, ha valore, naturalmente, il posto che la suora gli riserva quale modello di stile per la strutturazione di alcune delle sue opere maggiori, come il Primero Sueño. Sor Juana non è, però, solo un'abile imitatrice di Góngora, ma assimilata da lui la tecnica, lo stile, essa riesce a esprimersi in modo così naturalmente proprio da piegare docilmente il gongorismo alle esigenze della sua ispirazione. Adottando la tecnica gongorina, la suora non segue, quindi, una moda, ma esprime una scelta di gusto che indica sensibilità autonoma, la quale si esercita in libero criterio di preferenza.

Anita Arroyo, in un suo saggio, ha distinto tra forma e fondo nell'opera di Sor Juana, sostenendo la predominante classicità della prima, con l'unica eccezione importante del Primero Sueño, mentre il fondo sarebbe nettamente barocco per il messaggio spirituale, tacito o esplicito, profondamente agonico e, come tale, barocco52.

Per l'Arroyo si tratta di un barocco tipicamente messicano per il sottile gioco delle allusioni misurate, che manifestano il dramma della donna messicana e il suo carattere, secondo gli schemi delineati dal Paz nel libro El laberinto de la soledad53. Nella sua distinzione l'autrice del saggio segue le categorie del Wölfflin, per il quale nell'arte classica predomina la linea, il disegno, mentre nel barocco è fondamentale l'impressione, la macchia, il colore54. Ma se esaminiamo attentamente l'opera di Sor Juana, pur senza negare momenti di chiara linearità formale, vediamo che essa si manifesta fondamentalmente con i caratteri distintivi propri del barocco. Nel suo modo di scrivere, infatti, gran parte vi ha l'impressione, la macchia, la nota di colore, il gioco del chiaroscuro. Esatto è, invece, porre l'accento sullo spirito agonico del messaggio sorjuanino, del resto in intimo accordo con i mezzi attraverso cui si esprime. La sua opera è barocca non solo perchè sollecita costantemente lo sforzo del lettore, il suo intervento diretto, ma perchè è tutta centrata, in definitiva, intorno ad un unico tema, quello che lo Spitzer giudica barocco per eccellenza, il «desengaño»55. Sor Juana è pervenuta veramente ad estrarre dall'idea medievale e da quella del Rinascimento quella terza idea, cui sempre lo Spizer allude, in cui ci si mostra la polarità fra i sensi e il nulla, la bellezza e la morte, ciò che è temporale e ciò che è eterno56.

Appare perciò arbitrario pretendere di effettuare una distinzione tra forma e contenuto nell'opera sorjuanina, nel senso di una classicità e di un barocchismo rispettivamente; anche se in talune parti della sua produzione artistica, non solo nella poesia lirica, ma anche nei villancicos e nel teatro sacro, il gongorismo di Sor Juana sembra a tratti attenuarsi, sfumare in tinte delicate, in musicalità rinascimentali. Se in più casi compaiono nella poesia della suora, e nel teatro, gli autori massimi del Rinascimento, la loro orma si presenta sempre filtrata e rivissuta in forme trasparentemente gongorine e barocche. Quando lo richiede il gioco intellettuale, l'esigenza del concetto, -e Sor Juana per questo è un valido esempio del concettismo, per cui tornano legittimi i nomi di Quevedo e di Gracián, presente anche questi nella sua biblioteca57- la suora torna ad esprimersi in forme accesamente gongorine.

Trattando del gongorismo sorjuanino nel Primero Sueño il Sánchez si è chiesto, senza proporre peraltro soluzioni, se si tratti di qualcosa di riflessivo o di istintivo e congenito58. Si è insistito anche sulla preferenza della poetessa per il popolarismo, al fine di liberarla dalla eccessiva caratterizzazione barocca59. Non vi è dubbio che in tutta la sua opera, particolarmente nei villancicos, Sor Juana manifesta una viva inclinazione verso le forme popolari. Tuttavia non si deve insistere su tale fatto per concludere che gongorismo e barocchismo sono solo un momento particolare della sua creazione, il meno chiaro. Si tornerebbe all'assurda distinzione che ha visto per tanto tempo in Góngora un poeta facile e uno difficile. Se Sor Juana, nelle sue composizioni, ricorre con frequenza a forme metriche ormai popolari, ciò avviene in momenti in cui parimenti ricorre alle forme colte, alla silva, al sonetto, alla lira in varianti, all'ottava reale e a un'infinità di combinazioni metriche diverse. La varietà di tali metri, popolari e culti, va interpretata come un'ulteriore manifestazione del barocchismo sorjuanino, teso a dare espressione multiforme e dinamica alle sue molteplici possibilità. Il popolarismo di Sor Juana, in sostanza, non nasconde la sua origine aristocratica e eulta, tipicamente gongorina.

Nonostante quanto esposto, le resistenze nei confronti del gongorismo sorjuanino perdurano, a volte, più o meno velatamente anche oggi. La tendenza di taluni critici è sempre quella di attenuare la presenza di Góngora nell'opera della suora. Questo, in definitiva, ha fatto anche la Sarre, la quale insistendo sul concettismo di Sor Juana, riferendosi al Primero Sueño, parla di tono «culto y afectado»60, di oscure allusioni mitologiche61, di un istinto naturale che induce Sor Juana a contorcere i concetti e ad esprimere pensieri «tan profundos que resultan oscuros» mostrando una «agudeza» che avrebbe fatto la delizia di Gracián62. Espressione eulta, quindi, e macchinoso e oscuro concettismo.

Naturalmente non tutto è ugualmente valido artisticamente nell'opera di Sor Juana. Talvolta essa dà prova di superficialità, se non addirittura di mal gusto. Ma sono momenti di scarsa importanza in un'opera estesa qual'è la sua, comunque non tali da indurre a negarne il valore, e più se si tratta del Primero Sueño, in cui abbiamo il modello più valido del suo intimo barocchismo, fatto di cultismo e di concettismo.

Per quanto riguarda le peculiarità gongorine della poesia sorjuanina ad esse si è riferito in varie occasioni il Méndez Plancarte, valorizzandone il significato artistico63. Il Carilla ha sottolineato vari punti di contatto tra Góngora e la suora, oltre all'impiego da parte di questa di interi versi gongorini, di estesa conoscenza allora, richiamo di suggestivo effetto sul lettore64. Del gongorismo di Sor Juana tratta in parte anche lo studio del Buxó, volto a individuare l'influenza di Góngora sulla poesia della Nuova Spagna, sulla traccia metodologica degli studi gongorini dell'Alonso65. Non manca, quindi, una esatta valutazione, condotta con serio rigore scientifico, di quella che costituisce la peculiarità dell'espressione sorjuanina.

Attraverso tutta l'opera della suora, infatti, si riscontrano le diverse caratteristiche di lingua e di stile che risalgono direttamente a Góngora. Anzitutto il vocabolario, i numerosi cultismi, che danno originalità distintiva alla lingua poetica di Sor Juana per un costante criterio selettivo e di gusto che essa esplica. I termini culti da lei usati rivelano colore e significato personali. Il lungo elenco dell'Alonso a proposito dei cultismi che compaiono nella lingua di Góngora66, può essere ripetuto completo per Sor Juana. Ma nella sua poesia si nota immediatamente una marcata preferenza per determinati vocaboli suggeritori di luce, candida, o delicata nelle sfumature, o anche accesa e intensa67, cui si oppongono in efficace contrasto altri, suggeritori di ombre, di cupe masse incombenti, di lugubri situazioni, di irrimediabile decadimento68. A questo si aggiungano i delicati effetti di trepido movimento e di suono, che si uniscono ad alte note di mistero o di magnificenza, tra l'esotico e il sacro69. Tutto ciò qualifica originalmente il gongorismo del linguaggio sorjuanino, per gusto e sensibilità. Naturalmente sono di ascendenza gongorina i cultismi sintattici, l'uso dell'ablativo, le diverse formule stilistiche. A tale proposito gran parte dei casi esemplificati da Dámaso Alonso nello studio sulla lingua poetica di Góngora si riscontrano nella lingua poetica di Sor Juana70. Così la contrapposizione di termini, onde ottenere un effetto più immediato, secondo le caratteristiche formule usate da Góngora71. Lo stesso dicasi per l'uso della simmetria bilaterale, pure caratteristica del poeta spagnolo72, e non meno per il ricorso alla perifrasi, all'allusione, all'iperbato, alle frequenti inversioni, alla metafora, in cui l'originalità della suora non è da meno di quella di Góngora; agli elementi più correnti dello stile gongorino, quale l'iperbole, che Sor Juana assimila e colora, nella sua poesia e in tutta la sua opera, della propria sensibilità73. Nell'opera lirica di Sor Juana il Méndez Plancarte ha effettuato, per comodità di collocazione, due grandi divisioni, raccogliendo in un gruppo la «Lírica personal» e in un altro, di non minore importanza, la «Lírica coral», o collettiva74. Nel primo gruppo è Sor Juana che parla direttamente, per sé; nel secondo essa si esprime in un'opera destinata al canto della collettività religiosa. Ma già al curatore delle opere sorjuanine appariva l'arbitrarietà di tale distinzione, allorchè scriveva che al titolo del primo gruppo era ricorso per mancanza di uno migliore75, mentre d'altra parte la denominazione data al secondo gli appariva non meno discutibile, essendo, a stretto rigor di termini, anche questo settore della poesia sorjuanina non meno personale, a suo giudizio, del primo, anzi, molto più frequentemente sincero, malgrado inviti occasionali, in tutte le sfumature dell'emozione e del sentimento76.

Una divisione come quella accennata si rivela, effettivamente, insoddisfacente a un esame della sostanza dell'opera sorjuanina. Per cui ritengo più proficuo seguire in questo studio la nota tematica della poesia di Sor Juana, i motivi intorno ai quali essa si svolge, in una interessante molteplicità di sfumature, che vanno dal canto dell'amore a quello dell'amicizia, al tema filosofico e morale, al canto di temi religiosi, intimi o di vasta suggestione corale.




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La lirica d'amore


Si può affermare che la parte della lirica di Sor Juana che maggiormente ha interessato la critica di tutti i tempi e più le ha dato fama è quella che canta il tema d'amore. L'unanimità dei consensi riscossi ha una spiegazione nel fatto che, almeno in apparenza, in questo settore della poesia sorjuanina il gongorismo congenito della suora si mostra meno scopertamente. Inoltre, a queste composizioni amorose si deve l'accentuarsi intorno alla sua biografia di un alone misterioso, di vasta suggestione romantica, in cui la suora appare creatura umanamente infelice e tormentata. Sono, infatti, queste liriche che hanno indotto gran parte della critica ad insistere su un presunto episodio di delusione amorosa all'origine della repentina decisione di Juana Inés di ritirarsi in convento.

Anche il Menéndez y Pelayo, al momento di rivalutare la poesia di Sor Juana, fondava, in sostanza, il suo giudizio positivo proprio su queste liriche d'amore. Egli era particolarmente colpito dalla «frescura apasionada» che emanava da tali composizioni e che vedeva aver turbato tutti i commentatori precedenti. Al critico santanderino si presentava il più appassionante problema psicologico e letterario intorno alla grande scrittrice77.

La critica spagnola è rimasta, in genere, ancorata alle posizioni del Menéndez y Pelayo. Lo attesta concretamente il Pemán, allorchè afferma che il resto della produzione artistica di Sor Juana non sarebbe valso del tutto a darle le gloria78. Questa affermazione è palesemente arbitraria, se consideriamo l'attenzione che ormai si dedica, soprattutto fuori di Spagna, al Primero Sueño. Si tratta, ancora una volta, dell'avversione antica per il barocco. Il Pemán permane legato a posizioni superate, ed è certo, d'altra parte, che proprio nelle poesie d'amore la suora spiega doti vaste di spontaneità e di freschezza, giustificatamente accattivanti.

Scritte in gran parte, o forse totalmente, in convento, le poesie d'amore sorjuanine rappresentano un valido raggiungimento artistico, nell'ordine di un trepido e doloroso sentimento. Proprio questa freschezza e questa calda spontaneità hanno agito su tanti critici, spingendoli a trovarvi la testimonianza di una reale situazione infelice.

Il Cossío sostiene con ardore questa interpretazione. Per lui le liriche di Sor Juana avrebbero il profondo accento della sincerità, di essere, cioè, prodotto di casi vissuti79. Con il Cossío concorda essenzialmente anche il Méndez Plancarte80, mentre il Sánchez, commentando alcuni versi della redondilla che inizia col verso Este amoroso tormento...81, allude a un amore «que se sabe a sí mismo, de ojos abiertos e intención más bien literaria; fantasía de mujer resuelta a mantenerse fuera del comercio mundano, al cual estuvo ligada un tiempo; persistencia de una mocedad, de que alguien se despidió sin olvidarla»82.

Da parte sua il Pemán interpreta le liriche di Sor Juana come reminiscenze e sedimenti di illusioni passate, per un amore autentico, benchè «genérico y universal», poichè ritiene impossibile per una donna porre nomi maschili a idee rettoriche. Di conseguenza, tali versi d'amore risponderebbero a una emozione radicale e vitale, che trasforma la suora in «doctora del amor humano», senza tuttavia escludere che il suo sia «el impersonal e impecable, pero hondo y radical, caso erótico de la femineidad», che fondendosi con la natura diventa una sorta di panteismo erotico, dal quale, afferma il Pemán, difficilmente riescono a liberarsi le donne83.

Le argomentazioni esposte, come si vede, sono contradittorie e rimangono nel campo delle congetture, senza apportare dati concreti, atti a far luce intorno a questo momento dell'opera e dalla biografia di Sor Juana.

Anche il Cossío ritiene imprescindibile nella suora la conoscenza diretta, per esperienza personale, della passione amorosa, perchè la poetessa potesse riuscire ad elevarsi al disopra di quante religiose cantarono «el cantar de la Esposa»84. Ma anche queste sono solamente congetture suggestive.

Tuttavia, ogni volta che si intraprende l'esame della poesia amorosa di Sor Juana il problema della sua veridicità episodica si ripropone, e nuove ipotesi si affacciano, che potrebbero condurre, con argomenti plausibili, a contrarie conclusioni. Il fatto si è che mancano prove concrete, tali da autorizzare una interpretazione piuttosto che un'altra. Possiamo non prestar fede al Padre Calleja, allorchè afferma che Juana de Asbaje si fece suora per sfuggire ai pericoli del mondo, senza che mai avesse «amagado su pensamiento a dar oído a las licencias del matrimonio»85, e non credere a Sor Juana, quando scrive nella Respuesta a Sor Filotea, che «para la total negación que tenía al matrimonio, era lo menos desproporcionado y lo más decente que podía elegir en materia de la seguridad que deseaba de mi salvación»86. Ma non possiamo affermare la loro tendenziosità con argomenti probanti. La serie delle congetture si può prolungare ancor oggi87; è fuor di dubbio però che nella lirica amorosa di Sor Juana siano vivi, anche se svolti con una toccante nota di sincerità e di aderenza generiche, motivi retorici, propri della poesia del tempo. Non può far meraviglia, quindi, se allo stesso modo di tanti religiosi spagnoli e americani, anche Sor Juana canta l'amore, infelice e tradito, apportando al canto il contributo di freschezza della sua sensibilità.

Esistono, tuttavia, alcuni momenti nella lirica amorosa della suora, e fuori di essa, che possono indurre a pensare a un reale episodio d'amore nella sua vita. Nella poesia religiosa il Romance en que expresa los efectos del Amor Divino, y propone morir amante, a pesar de todo riesgo88, presenta passaggi che sembrerebbero confermare la realtà di un amore passato, considerato ormai come colpa:


   Yo me acuerdo (¡ah nunca fuera!)
que he querido en otro tiempo,
lo que pasó de locura
y lo que excedió de extremo;
   mas como era amor bastardo,
y de contrarios compuesto,
fue difícil desvanecerse
de achaques de su ser mesmo.



Un altro passaggio significativo a tale riguardo lo troviamo nella commedia Los empeños de una casa89, nel momento in cui Leonor, riandando la propria vita e parlando del proprio amore, allude a una situazione singolare di rischio. Nel racconto di Leonor sono evidenti molti motivi della biografia sorjuanina, per quanto riguarda l'ingegno precoce e il favore di cui si vide circondata; ciò può indurre a considerare come fondati su una realtà intima anche i versi seguenti:


   Mis padres, en su mesura
vanamente asegurados,
se descuidaron conmigo:
¡qué dictamen tan errado,
pues fue quitar por de fuera
las guardas y los candados
a una fuerza que en sí propia
encierra tantos contrarios!
y como tan neciamente
conmigo se descuidaron,
fue preciso hallarme el riesgo
donde me perdió el cuidado.



Questi accenti giustificherebbero l'ipotesi avanzata dal Méndez Plancarte nei confronti dei sonetti più disperati della suora, in cui sembra trasparire la presenza di un soggetto indegno, che abbia voluto approfittare nella sua ingenuità di fanciulla90.

Ritengo, tuttavia, che sia cedere a troppa suggestione interpretare in tal senso i versi e i passaggi citati di Sor Juana. Se ciò che la suora canta avesse risposto a realtà, le autorità religiose, che tanto la sorvegliavano, non le avrebbero permesso certo di pubblicarlo e di diffonderlo. Inoltre, attraverso tutta la vita della suora traspare una sincera religiosità, che si va accentuando col passare degli anni, e un'onestà così pudica che senza dubbio le avrebbe impedito di trattare argomenti così personali e passionali. Se mai avesse di nuovo rivolto il pensiero a tali fatti della sua vita, se reali, la monaca lo avrebbe fatto come a un momento riprovevole e si sarebbe trattato solo di un canto di pentimento.

Vediamo invece che nella poesia di Sor Juana l'amore è cantato in alterne sfumature, anche con gli accenti della passione, di origine certamente retorica. Non si può escludere, naturalmente, in modo categorico nella suora la conoscenza del sentimento amoroso, ai tempi della sua vita nel mondo; ma ciò non dovette avere le apparenze drammatiche su cui si è tanto fantasticato. La sua poesia è mossa, più sicuramente, nel canto di questi temi, da una naturale disposizione alla tenerezza, a immedesimarsi nelle situazioni di pena che sorgono nella sua fantasia. Il tema, di per sè retorico, ne esce vivificato, acquista accenti di sincerità.

La realtà o meno di un episodio personale conta, tuttavia, relativamente. Ciò che vale è l'opera d'arte in sè, la sua possibilità di vita nel tempo, per qualità artistiche intrinseche. Per quanto riguarda questo settore della poesia sorjuanina si può affermare che esso vibra ancor oggi di validi accenti. Attraverso il tema assunto dall'esterno Sor Juana manifesta la propria sensibilità, sollecitata da sentimenti profondi, soprattutto da tristi situazioni, cui la sua anima era particolarmente aperta.

Nonostante la retoricità del tema, Sor Juana mostra sempre nella sua poesia una nota determinante di sincera partecipazione sentimentale. Non meraviglia, perciò, che nel canto dell'amore tradito, assimilati i modelli esterni, essa esprima con sottile aderenza la situazione dolorosa della donna innamorata e delusa.

I motivi principali del canto d'amore sorjuanino si possono indicare nell'«ausencia», nel pianto, nella gelosia, nell'accorata lamentazione. Alcune tra le composizioni che trattano questi temi si rivelano esercitazioni palesemente esterne; in esse la poetessa svolge una casistica amorosa non di rado stucchevole, che risponde agli schemi generici del tempo. Ma molto spesso si coglie anche una felice nota d'ispirazione, oltre alla consueta abilità versificatrice.

E' il caso della décima in cui demuestra decoroso esfuerzo de la razón contro la vil tiranía de un amor violento91; Non è raro che l'esteriorità del concetto sfoci improvvisamente in toni più profondi. Il tema dell'amore si apre a una più ampia prospettiva, in cui è contemplata tutta la vita. Il canto acquista, quindi, profonda dimensione spirituale. Ciò si può notare nel sonetto in cui Aunque en vano, quiere reducir a método racional el pesar de un celoso92. Alcino, il personaggio che vi compare, è chiaramente convenzionale, e così il suo furore amoroso. Ma sull'esteriorità che informa le due quartine del sonetto si impone la serietà, sul piano interno, delle terzine finali:


   La posesión de cosas temporales,
temporal es, Alcino, y es abuso
el querer conservarlas siempre iguales.
   Con que tu error o tu ignorancia acuso,
pues Fortuna y Amor, de cosas tales
la propiedad no han dado, sino el uso.



Il motivo espresso dai versi riportati è certamente diffuso nel tempo, ed è di chiara ascendenza letteraria. Sul tema della fortuna incostante insiste tanta parte della poesia ispanica, a partire dalle epoche più remote. Ma nel sonetto sorjuanino, se non vi è novità nel tema, almeno si coglie la sincerità della posizione della suora, nel tono meditato, controllato, frutto di una lezione reale di vita, quale conosciamo dalla sua biografia, e della lettura meditata dei libri sacri, oltre che dei poeti preferiti, permeati di senechismo. In Sor Juana esperienza di vita e letture si concretano in una filosofia morale che ha il suo fondamento in un senso radicato e vasto di «desengaño».

Tra le liriche amorose, una serie di composizioni, sonetti la maggior parte, vibrano di un particolare accento appassionato. In essi è operante, sull'esteriorità del tema, l'aderenza sentimentale della suora e forse una mal nascosta nostalgia per il mondo, di fronte alle difficoltà della vita conventuale. La situazione spirituale di Sor Juana la dispone a un'aperta partecipazione al dolore, anche al più umano. Essa lo canta nel caso dell'amante tradita. Il sentimento vivifica i fantasmi poetici suscitati. Il verso si fa trepido, malinconico. Nel romance in cui en sentidos efectos, prelude al dolor de una ausencia93, la pena della donna innamorata viene espressa in un gioco di concetti e di contrapposizioni, resi con straordinaria levità di accenti, suscitando un clima di sospirosa malinconia:


   Mira como el cuerpo amante,
rendido a tanto tormento,
siendo en lo demás cadáver,
sólo en el sentir es cuerpo.
   Mira como el alma misma
aun teme, en su ser exento,
que quiera el dolor violar
la inmunidad de lo eterno.



Le immagini di morte e di operante dolore sono trasferite in clima più alto con la menzione dell'anima e dell'eterno. Il significato umano del dolore e dell'amore viene, quindi, nobilitato e purificato. Negli ultimi versi il processo di depurazione si conclude efficacemente:


   En lágrimas y suspiros
alma y corazón a un tiempo,
aquél se convierte en agua,
y ésta se resuelve en viento.



Altre liriche di Sor Juana ci mostrano aspetti diversi della sua abilità versificatrice. In esse l'amore diventa talvolta puro pretesto a un virtuosismo concettista. Vi si può ammirare l'abilità con cui la poetessa si muove nelle sue costruzioni. E' il caso della preziosa redondilla in cui describe racionalmente los efectos irracionales del amor94. In questa lirica è soprattutto notevole la prima parte. Il Méndez Plancarte, trattando della redondilla, l'ha definita squisita e ne ha lumeggiato le molteplici presenze, da Alarcón a Calderón, a Góngora, a Rojas95. Ciò nonostante, non è possibile parlare di imitazione, ma piuttosto di perfetta assimilazione, vale a dire del fondo culturale di Sor Juana. Infatti, ciò che nella composizione della suora fa pensare ai lirici citati dal Méndez Plancarte è soprattutto l'atmosfera diffusa di malinconia, che tuttavia Sor Juana rende con dolcezza e lirismo suoi propri, con accenti più vibranti di quanto non sia nei possibili modelli.

Il Chávez aveva sottolineato in questa redondilla il tesoro di una felice e profonda introspezione, nella captazione dell'aurora dell'amore, «amanecer del alma amorosa»96. Non è in questo, però, che sta il merito della lirica. Il motivo del manifestarsi dell'amore nella donna è, infatti, luogo comune nella poesia e nel teatro del Siglo de Oro, nè l'introspezione di Sor Juana è superiore, per profondità, ai molti esempi precedenti; anzi non si allontana da un gioco abile di concetti. Il valore della redondilla sta nella fluidità del verso, nella delicatezza con cui i concetti si esprimono. Sensibilità viva e malinconia sono le qualità più rilevanti, qui, e riescono a imporsi sulla esteriorità del tema, riscattandolo alla poesia, soprattutto nella interpretazione di un'atmosfera di diffuso dolore, quale si può cogliere da questi versi:


   Este amoroso tormento
que en mi corazón se ve,
sé que lo siento y no sé
la causa porque lo siento.
   Siento una grave agonía
por lograr un devaneo,
que empieza como deseo
y para en melancolía.
   Y cuando con más terneza
mi infeliz estado lloro,
sé que estoy triste e ignoro
la causa de mi tristeza.



Il canto d'amore di Sor Juana è perciò essenzialmente canto di dolore. Tenuta presente la sua vita, in cui mortificazione e contrarietà sono esperienze giornaliere, appare naturale che la suora esprima anche nel suo modo di concepire l'amore, con un'intuizione nettamente femminile, un senso radicale di sventura e di catastrofe.

Tutti i suoi più celebrati sonetti sono, infatti, permeati di tristezza e in essa è facile percepire la profonda vibrazione umana cui allude il Valbuena97. Si veda il sonetto in cui satisface un recelo con la retórica del llanto98, forse la migliore delle sue composizioni in questo ordine tematico, che il Díez-Canedo non ha esitato a definire «divina»99. Qui il canto dell'amore infelice rimane nell'ambito del puro sentimento, non turbato dalla presenza materiale di un amante identificabile in senso concreto. Lo stato d'animo, il clima poetico, sono definiti fin dal primo verso, in cui si determina l'ora, la sera, che amplia immediatamente il lamento a un esteso panorama sentimentale: «Esta tarde, mi bien, cuando te hablaba...» Nel giro del sonetto questa atmosfera intima, raccolta, dolorosa, si definisce completamente, per concludere con la raccolta musicalità degli ultimi versi:


ya en líquido humor viste y tocaste
mi corazón deshecho entre tus manos.



Precisamente per i versi citati il Valbuena ha scritto che in questo sonetto c'è tutto un annuncio preromantico, «un caso más del barroquismo derivado hacia le ternura, que había ya apuntado en Calderón»100.

Il tema della gelosia tiranna è elemento accessorio, per l'espressione di un dolore del tutto intimo. Nel sonetto si impone l'abilità tecnica sorjuanina, nel ricorso, per suscitare un'atmosfera di dolore e di malinconia, a suoni sussurrati, che trasformano la composizione in qualcosa di estremamente sospiroso, lieve, raffinato. Il che giustifica l'espressione del Menéndez y Pelayo, allorchè trattando della poesia amorosa della suora affermò che essa appartiene a quanto di più dolce e di più delicato sia uscito da penna di donna101.

Accenti simili presenta il sonetto, tanto lodato dal critico santanderino102, Que contiene una fantasía contenta con amor decente103, Qui l'amore diventa immagine del «desengaño», «hechizo», bella illusione, «dulce ficción», per la mancata corrispondenza dell'amato. Si trasforma, cioè, in quanto di più inconcreto. L'amante stesso è ombra, che la donna vorrebbe trattenere. Essa riesce a imprigionarlo nella propria fantasia alla fine di una laboriosa fuga dal concreto. Sor Juana costruisce, qui, il canto dell'amore come sentimento sufficiente a se stesso, senza necessità di corrispondenza, liberato dall'episodio umano, in una totale elucubrazione:


   mas blasonar no puedes, satisfecho,
de que triunfa de mí tu tiranía:
que aunque dejas burlado el lazo estrecho
    que tu forma fantástica ceñía,
poco importa burlar brazos y pecho
si te labra prisión mi fantasía.



Si tratta, in sostanza, del canto di una creatura disposta potenzialmente all'amore, profondo ma generico. Vari altri sonetti si costruiscono invece su elementi umani più concreti, tutti però di origine esterna nella loro sostanza. Si veda il sonetto De amor puesto en un sujeto indigno, in cui si afferma che «es enmienda blasonar del arrepentimiento»104. Nei versi iniziali si coglie la vitalità che Sor Juana ha saputo infondere a un motivo così corrente, nell'espressione del pentimento della donna innamorata davanti al proprio errore:


   Cuando mi amor y tu vileza veo,
contemplo, Silvio, de mi amor errado,
cuan grave es la malicia del pecado,
cuan violenta la fuerza de un deseo.



Quello di Silvio è un nome che ricorre nella lirica amorosa della suora. Nel sonetto in cui Prosigue su pesar, y dice que aun no quisiera aborrecer a tan indigno sujeto, por no tenerle así aún cerca del corazón105, Silvio è paragonato a un «mortífero veneno» e la sua indegnità diviene giusto tormento per chi un tempo si è lasciato andare ad amarlo:


   Tu aspecto vil a mi memoria ofrezco,
aunque con susto me lo contradice,
por darme yo la pena que merezco:
   pues, cuando considero lo que hice,
no sólo a ti, corrida, te aborrezco,
pero a mí por el tiempo que te quise.



Sono questi versi che hanno indotto il Méndez Plancarte ad avanzare l'ipotesi che il «sujeto indigno» menzionato nel sonetto fosse sposato a insaputa della giovane innamorata e che, «tras fingirse espiritual finura, se revelara sólo apetito bestial, en algún mal intento»106. In realtà il sonetto non va palesemente oltre il motivo esterno, ravvivato, vivificato, questo è vero, dall'accennata disposizione sentimentale della poetessa a immedesimarsi nelle situazioni dolorose suscitate della sua fantasia.

La varietà, la serie delle sfumature, la mancanza di una logica successione nello svolgimento del tema d'amore, nella poesia di Sor Juana, è la prova più convincente della sua origine, estranea alla nota autobiografica. Ma nella concezione dell'amore essenzialmente come dolore la suora versa intera la sua anima appassionata e dolente, in sincerità di atteggiamenti, esplicando complete le vaste possibilità della sua arte, che riesce agevolmente a dominare i modelli, più o meno vagamente individuabili, in un'alta carica di tenerezza e di poesia.



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