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Quevedo in America: Juan del Valle y Caviedes

Giuseppe Bellini





L'opera satirica di Quevedo, comunque la si giudichi, ha lasciato un ammaestramento valido, il superamento della realtà. Il disprezzo per le cose del mondo manifestato dallo scrittore del «Siglo de Oro» è stato giudicato esattamente da Ramón Gómez de la Serna1 in senso positivo per l'uomo, di cui rafforza la coscienza morale. Nell'atteggiamento di Quevedo sta il fondamento di una lezione etica di valore permanente, la cui suggestione ha avuto larga risonanza nel tempo, in Spagna e fuori di Spagna, benché sia, e logicamente, entro l'area della creazione ispanica che la presenza del grande satirico diviene più attivamente operante. La sua influenza, infatti, si presenta nella letteratura di lingua spagnola con una costante che giunge fino ai nostri giorni. Per quanto concerne l'America ispanica tale orma è presente fin dalla Colonia, e riprende e si accentua, con risultati di particolare originalità, nella poesia e nella prosa del Novecento. Intendo alludere non solo all'opera di Vallejo e di Neruda, ma anche a quella di Borges, di Carrera Andrade, di Octavio Paz e, per quanto riguarda la narrativa, di Miguel Ángel Asturias2.

L'influenza di Quevedo sulla letteratura coloniale appare manifesta da alcune opere che la denunciano in modo scoperto; è il caso del Periquillo Sarniento (1816), di José Fernández de Lizardi3, satira acuta della vita messicana fine Settecento, in cui è presente l'orma della Vida del Buscón, oltre che della picaresca in genere. Lo stesso si può dire per la Portentosa vida de la Muerte (1792), del religioso messicano Joaquín Bolaños4, e per la Levadura del Sueño de Sueños, di José Mariano Acosta Enríquez, pubblicata anch'essa verso la fine del Settecento, opera di maggiori pregi artistici della precedente, alla quale, tuttavia, l'accomuna l'influenza dei Sueños di Quevedo, che anche il titolo richiama vistosamente, insieme a quella di Torres-Villarroel5.

Entrambe le opere, oltre a dimostrare la presenza di Quevedo nella Nueva España, rivestono un interesse singolare per lo studio della preoccupazione messicana della morte, che, se procede, come appare indubbio, da radici autoctone remote, le cosmogonie precolombiane, ha sentito, però, assai profonda anche l'influenza dello scrittore spagnolo6.

Altre presenze di Quevedo sono riscontrabili in vari scrittori dell'epoca coloniale, di maggiore o minore livello artistico. Nel Messico dell'età aurea vicereale Quevedo è profondamente presente in Sor Juana Inés de la Cruz (1651-1695).

La biografia della suora messicana è ben nota7. L'opera che essa scrive ne è lo specchio fedele e drammatico. Sor Juana ci appare, come ha scritto Pedro Salinas8, creatura fuori del suo tempo. Di qui il suo dramma, che la conduce alla rinuncia più dolorosa, quella di scrivere, e la fa schiava dei propri fantasmi e dei propri terrori circa la salvezza dell'anima.

Al di là del dato biografico, estremamente interessante, e in taluni punti non ancora del tutto chiarito9, Sor Juana Inés de la Cruz vive nel tempo come artista. Essa si esprime, in arte, prevalentemente sulla scia di Góngora, di Lope e di Calderón; Góngora è il suo maestro di stile, ma per l'elaborazione di un proprio modo di esprimersi. La curiosità della suora e la sua sensibilità, si nutrono, però, di più ampie letture, tra esse gli scritti di Quevedo, al quale Sor Juana si sente vicina per una lunga serie di motivi intimi soprattutto per un senso deluso delle cose e della vita che, se può essere fatto risalire a motivi generici alla moda, deriva con maggior legittimità dal Quevedo degli scritti morali, come già abbiamo avuto occasione di sottolineare10.

L'opera di Quevedo trova rispondenza profonda in Sor Juana, unicamente per il suo fondamento morale. Il Carilla ha scritto che non è Quevedo l'autore che maggiormente influisce sulla suora messicana e che le reminiscenze dirette dei suoi scritti sono scarse, soprattutto se le confrontiamo con quelle di Góngora11; l'affermazione è valida se stiamo alle presenze materiali e se consideriamo la vastità delle letture sorjuanine, ma cessa di esserlo, a nostro parere, allorché consideriamo la sostanza dell'opera della suora, il messaggio spirituale che in essa si esprime e il profondo dualismo che, come per Quevedo, la caratterizza, sospendendola tra l'apparente valore delle cose e la loro mancanza di realtà12.



Nel Perù della Colonia Juan del Valle y Caviedes (1652?-1697?) è l'esempio più significativo e cospicuo dell'influenza di Quevedo. In epoca passata la critica ha contribuito in misura notevole alla diffusione di un cliché istrionico del poeta peruviano, che lo avvicina all'altro, oggi in gran parte sfatato, e non meno fantastico, di Quevedo. Ciò valse, tuttavia, anche in epoche scarsamente favorevoli al barocco, a salvarne il ricordo nel tempo; circostanza che ha diretto riscontro nella vicenda del poeta spagnolo, benché Quevedo, per il carattere più profondo della sua opera letteraria e il suo messaggio etico, non abbia praticamente conosciuto momenti di oblio.

La diffusione di immagini stravaganti di Caviedes fu favorita dalla scarsità di notizie che, fino ad epoca ancora piuttosto recente, si avevano intorno a lui. La leggenda, assai diffusa tra le classi popolari, non meno che nell'ambiente letterario, si è andata ridimensionando in seguito, attraverso successivi apporti investigativi, dovuti soprattutto al Lohmann Villena13, e studi critici seri, che hanno condotto a un'esatta valutazione, lontana dal pittoresco, di un'opera altamente originale14.

L'antico giudizio del Menéndez Pelayo15, piuttosto equanime per l'epoca in cui veniva formulato, malgrado la dichiarata avversione al barocco, è uno dei primi apprezzamenti positivi del poeta limegno, «travieso ingenio», che il critico vedeva, unico tra i poeti coloniali del secolo XVII, liberarsi dal gongorismo, per cadere tuttavia nel concettismo, o meglio nell'«equivoquismo rastrero y juegos de palabras». Il Menéndez Pelayo sottolineava in tal modo le disposizioni naturali del poeta, ma ne interpretava in modo sostanzialmente errato il significato dell'opera, affondandola nel cattivo gusto, nota che, come nel caso di Sor Juana, anche se con maggiore frequenza, è saltuaria in Caviedes.

La linea interpretativa del Menéndez Pelayo trova riscontro in quella seguita da Juan María Gutiérrez, il quale insiste sul carattere composito della «curiosa y olvidada» collezione dell'opera caviedesca, documento di un'anima in cui lottano gli impulsi più contrastanti, sottolineati dal critico con fantasia compiaciuta16. Questo modo di interpretare Caviedes esercita ancora oggi la sua suggestione su non pochi critici. Nella persistenza degli elementi fantastici si può, forse, ravvisare una inconsapevole influenza del ritratto corrente, non meno fantastico, di Quevedo. Certo Caviedes ebbe vita agitata e non sempre onesta; la sua opera è ricca di spunti satirici, anzi è quasi tutta satirica, ma ciò non giustifica la sua interpretazione come autore che scrivesse unicamente preoccupato di divertire e di divertirsi, benché la sua lingua fosse particolarmente tagliente.

La critica si è compiaciuta, inoltre, frequentemente, di fantasticare intorno alla condotta morale del poeta, presentandolo come un donnaiolo impenitente e disonesto; da qui, secondo il Sánchez, gli sarebbero venute malattie che i medici non avrebbero saputo curargli, col conseguente odio acerrimo di Caviedes per gli uni e le altre17. Si tratta di congetture già formulate dal Gutiérrez18, che il Sánchez fa sue. Comunque, la linea del Sánchez viene ricalcata anche da altri critici, come l'Echagüe19 e l'Anderson Imbert20, il quale ultimo, tuttavia, superando la nota di colore, pone esattamente l'accento sull'originalità del satirico nell'ambito del barocco spagnolo, sottolineandone l'indipendenza intellettuale, l'originalità dell'ispirazione, lo stile «conciso y chacotón»21. Allo stesso fine, vale a dire di dimostrare l'originalità del Caviedes, sono volti gli studi più recenti del Kolb22 e del Reedy23. Ma il Kolb insiste ancora una volta24 sulle finalità umoristiche del poeta peruviano nella sua opera.

Esiste, tuttavia, anche un'altra versione di Caviedes, diffusa da alcuni critici, tra essi di nuovo il Sánchez, il quale, dopo aver fatto del poeta un peccatore impenitente, lo presenta sotto nuova luce come creatura dolente, sinceramente preoccupato del peccato, avvicinandolo alla figura, anch'essa idealizzata, di Villon, uomo dei contrasti, come il Quevedo della leggenda; proprio da questo suo carattere sarebbe derivato all'opera del peruviano il tono che la distingue così nettamente nell'America del Seicento, e naturalmente di qui viene il tenace proposito di equipararlo al grande satirico spagnolo25.

E' questo, infatti, l'accostamento ricorrente in ogni testo letterario in cui si citi il nome di Caviedes, senza che nessun critico adduca quasi mai prove concrete, mentre si insiste sui termini generici di «Quevedo limegno», o di «Quevedo peruviano».

Il Sánchez scrive26 che, mentre i contemporanei del poeta di Lima seguivano le orme gongorine, egli si mantenne in quelle di Quevedo. Si tratta di una realtà trasparente; Caviedes fu per tutta l'attività letteraria un concettista, e in Quevedo trovò il suo maggior modello, soprattutto per quanto riguarda gli scritti satirici, per congenialità di carattere. L'orma del satirico spagnolo, in Caviedes, è però frutto di un'assimilazione originale di letture, che viene a potenziare le naturali disposizioni creative. Il Lohmann Villena ha sottolineato la somiglianza che esiste tra gli epiteti applicati dal Caviedes ai dottori nel Diente del Parnaso, e quelli usati da Quevedo sullo stesso tema, e ha rilevato una serie di argomenti collimanti27, come nel caso del sonetto quevedesco che inizia col verso «Que tiene ojo de culo es evidente»28 e il romance di Caviedes dal titolo Defensa de un pedo29; e ancora tra il notissimo sonetto del satirico spagnolo, A una nariz30, e il lungo romance del peruviano intitolato A un narigón disforme31. Per quest'ultimo tema, tuttavia, mi sembrano assai più vicini al modello, anche per la forma metrica, due sonetti, l'uno dedicato A un abogado narigón, l'altro A otro narigón32, soprattutto quest'ultimo, efficace nella descrizione della «atroz grandeza» del naso, ridicolizzato con il caratteristico procedimento iperbolico del sonetto di Quevedo, ma già con una originalità di accenti, tanto nei sonetti come nel romance citati, che afferma l'autonomia del Caviedes entro il medesimo tema.

Il Lohmann Villena, fondandosi su altri passaggi che adduce nel suo studio, giunge a una conclusione che anche noi, col Kolb33, riteniamo eccessiva, in quanto afferma che, a un'attenta lettura del Diente del Parnaso, traspare con evidenza l'abbondante parafrasi del Libro de todas las cosas di Quevedo, e del Sueño de la Muerte, oltre che de La hora de todos.

Con maggior misura ed esattezza il Carilla studia l'argomento delle relazioni tra Quevedo e Caviedes, avvertendo che, pur imitando in diversi momenti la poesia del satirico spagnolo, il poeta peruviano non esagera mai nei suoi prestiti, anzi li elabora in modo originale, con agile penna, così che tra i due poeti esistono, più che altro, punti di contatto34. Tra Quevedo e Caviedes appare chiara, intanto, una sostanziale affinità quanto a causticità di ingegno e a impegno morale. Nel poeta limegno ne è testimonianza la maggior parte dell'opera satirica, nella quale affiorano spesso gli stessi temi che troviamo nella satira più impegnata di Quevedo. Il che, per il caso di Caviedes, non significa imitazione, bensì osservazione attenta di una società, quella coloniale, in cui perduravano, e talvolta accentuate, le condizioni morali che già Quevedo aveva condannato per la Spagna del suo tempo.

È naturale che il favore di cui il satirico spagnolo godette presso il Caviedes abbia lasciato orme materiali nella sua creazione letteraria. Il nome di Quevedo ricorre alcune volte direttamente nell'opera del poeta di Lima; è il caso dei Romance a saltos35, diretto, come la maggior parte della poesia di Caviedes, contro i medici, di cui riprende a forti tinte l'avarizia:


Quevedo dice que lloran
cuando ahorcan o degüellan,
porque mueren sin pagar
un real a la suficiencia.



Il passo citato richiama chiaramente il romance satirico quevedesco che inizia con i versi «Pues me hacéis casamentero, / Ángela de Mondragón...»36, precisamente là dove dice che il medico


De envidia a los verdugos
maldice al corregidor,
que sobre los ahorcados
no le quiere dar pensión.



Quevedo è menzionato direttamente anche nel titolo di una delle molte satire scritte dal poeta peruviano contro il dottor Bermejo, Los efectos del protomedicato de Bermejo escripto por el alma de Quevedo37. In diverse occasioni il Caviedes prende da Quevedo prestiti ingegnosi; è il caso del romance dedicato A la bella Arnarda38 ricalcato, in parte, sul romance del poeta spagnolo che ha per titolo Cura una moza en Antón Martínez la tela que mantuvo39; verso la fine -già lo ha sottolineato il Carilla40-, Caviedes si allontana dal modello, per introdurre allusioni al suo tempo e alla sua geografia, scagliandosi contro i medici.

Altri punti materiali di contatto con Quevedo li possiamo trovare in diversi passaggi della poesia di Caviedes, ad esempio nei versi che riportiamo della poesia giocosa intitolata Agudas41:


Yo solo sé que no sé
y aun si el no saber supiera,
ya eso fuera saber algo
y eso mi ignorancia niega.



È evidente, qui, il contatto diretto col prologo di Quevedo rivolto Al lector, como Dios me lo depare, cándido o purpúreo, pío o cruel, benigno o sin sarna, nel Sueño de el mundo por de dentro, là dove, nel paragrafo iniziale, afferma:

«Es cosa averiguada (así lo siente Metrodoro Chío y otros muchos), que no se sabe nada y que todos son ignorantes; aun esto no se sabe de cierto: que a saberse, ya se supiera algo; sospéchase»42.



Reminiscenze di Quevedo troviamo nel sonetto che Caviedes dedica A un hijo de un sastre metido a médico43, in particolare nel bisticcio sastre-desastre, tipico nello scrittore spagnolo, anche se divenuto luogo comune nella letteratura e nella parlata corrente del tempo. Nello stesso sonetto appare di chiara intonazione quevedesca il verso in cui il poeta allude alle tragiche conseguenze dei récipes del dottore per la vita dell'infermo:


Sus récipes son fieras tijeradas
que cortan la salud con agonías,
cercenando las horas y los días
con tijeras segur de dos cruzadas.



Accenti tipicamente quevedeschi presentano i morti nel Parecer que da de esta obra la Anatomía del Hospital de San Andrés, all'inizio del Diente del Parnaso44. Nel romance di Polifemo y Galatea45 alcuni versi richiamano pure modi espressivi di Quevedo, anche se applicati a personaggi diversi: parlando di Galatea, una vecchia «alcahueta» usa la medesima espressione che Quevedo pone in bocca ai dottori rimasti, nel Sueño del Juicio final, con l'incarico di dar conto dei morti: essi dicono «Ante mí pasó a tantos del tal mes, etc.»46, e l'«alcahueta» di Caviedes: «Razón tiene que le sobra / por encima del tejado, / ...porque pasó, como dicen, / ante mí, doy fé del caso, / como latamente consta / de mi oficio de recaudos»47. L'allusione alla formula usata dai medici per attestare la morte del paziente è evidente nel passaggio citato.

La satira contro i dottori accomuna in modo singolare Caviedes e Quevedo, entrambi nemici dichiarati e crudi fustigatori della categoria. Nell'infinito numero di composizioni del poeta peruviano contro i medici merita di essere ricordata quella dedicata ai Médicos idiotas, nei Remedios para ser lo que quisieres48, in cui si manifesta un atteggiamento identico a quello di Quevedo sul tema dell'ignoranza, dei falsi attributi esteriori di serietà che i medici presentano, con i quali fa tragico contrasto l'assenza di ogni cognizione scientifica. Ricollegandosi ai consigli dati in una precedente composizione del medesimo gruppo, Doctos de Chafalonia49 i versi iniziali di Médicos idiotas insistono sull'attributo esteriore della professione, la barba:


Si de médico intentas graduarte
importa trasquilarte
la barba, como pera bergamota;
porque esto es lo que en ellos más se nota;
y si cual pera te saliese vana
póntela de membrillo o de manzana,
porque lo muy barbado aquí es la traza,
y así puedes barbar en calabaza.
En el doctor la barba es seña eterna,
como poner un ramo en la taberna
o en lo que es chichería un estropajo,
denotando este ramo y este andrajo,
que lo que adentro existe son licores;
y así tienen las barbas los doctores
que a todos dicen graves
aquí hay purgas, jeringas y jarabes.

Nella Visita de los Chistes, o Sueño de la Muerte, Quevedo aveva già presentato efficacemente i medici, «las bocas emboscadas en barbas, que apenas se las hallara un brazo»50; e più oltre, nello stesso Sueño, aveva scritto:

«Luego ensartan nombres de simples, que parecen invocaciones de los demonios: Buphthalmus, opopanax, leontopéltalon, tragoriganum, potamogeton senos pugillos, dicacathalicon, petroselinum, scilla y rapa. Y sabido que quiere decir tan espantosa baraúnda de voces tan rellenas de letrones, son zanahoria, rábanos y perejil y otras suciedades. Y cómo han oído decir que quien no te conoce te compre, disfrazan las legumbres porque no sean conocidas y las compren los enfermos. Elingatis dicen lo que es lamer, catapotia las píldoras, clyster la melecina, glans o glanus la cala, y errhinae el moquear. Y son tales los nombres de sus recetas y tales sus medicinas, que las más veces, de asco de sus porquerías y hediondeces con que persiguen a los enfermos, se huyen las enfermedades»51.



Da parte sua Caviedes, in un altro passaggio di Médicos idiotas, esprime gli stessi concetti; nei consigli a chi vuol sembrare medico scrive:


hablarás muy de golpe, y a los fines
la charla concluirás con dos latines;
a la primera vista de un enfermo
te quedarás un rato de estafermo,
hasta que al cabo de él, venga o no venga,
le ensartas esta arenga:
Su fiebre perniciosa,
maligna en cuarto grado y muy dañosa;
este es un mal muy mal aparatado,
el ventrículo seco y arrugado,
la concotriz no puede cocer nada,
y la espultriz virtud está viciada.
Y te oirán con dos palmos de narices
aquestos terminillos de aprendices
y prosigue con otros relevantes.
Los músculos dirás, están laxantes,
el esternón, la pleura, las membranas,
que son voces galanas;
y si añades esófago y vertebras,
escuchándote, como que celebras
tu saber, quedarán atolondradas
las mujeres que te oigan admiradas.



Nel passaggio di Quevedo i termini a effetto appartenevano alla botanica; Caviedes ricorre, invece, all'anatomia, per insinuare meglio che i medici neppure quella conoscevano. La stessa cosa fa, sostanzialmente, in alcuni passaggi del già citato Parecer que da de esta obra la Anatomía del Hospital de San Andrés, nel Diente del Parnaso52:


con palabras golpeaditas,
severo y ponderativo;
decir dos o tres latines
y términos esquisitos,
como expultris, concóctrix,
constipado, cacoquímio...
Los ignorantes vulgares
que sólo tienen oído,
se quedan atarantados
amando al doctor-peligro.

Nella stessa composizione il Caviedes pone sull'avviso gli uomini contro la perniciosità dei medici, «...dañinos, / contrarios a la salud / y de la vida enemigos». Da parte sua Quevedo scrive ne El mundo por de dentro:

«Mira aquel que fuera de la cuerda viste a la brida en mula tartamuda de paso, con ropilla y ferreruelo y guantes y receta, dando jarabes, cual anda aquí a la brida en un basilisco, con peto y espaldar y con manoplas, repartiendo puñaladas de tabardillos, y conquistando las vidas, que allí parecía que curaba»53.



Nel Casamiento de Pico de Oro con una panadera vieja, viuda y rica54, un altro particolare richiama a Quevedo. Il satirico spagnolo ne La visita de los chistes, o Sueño de la Muerte, presentava i medici «la vista asquerosa de puro pasear los ojos por orinales y servicios»55; e più oltre, in un passaggio ancor più significativo:

«Cuando vi a éste y a los dotores, entendí cuán mal se dice para notar diferencia aquel asqueroso refrán: "Mucho va del c... al pulso"; que antes no va nada, y sólo van los médicos, pues inmediatamente desde él van al servicio y al orinal a preguntar a los meados lo que no saben, porque Galeno los remitió a la cámara y a la orina. Y como si el orinal les hablase al oído, se le llegan a la oreja, avahándose los barbones en su niebla»56.



Nel Casamiento de Pico de Oro anche Caviedes scrive del protagonista:


Pidió el orinal, y ella
le respondió que era en vano,
que estaba vacío, y dijo
Pico, habrá que rellenarlo.
Diólo y mirólo con los
visajes acostumbrados
y aun con más, porque tenía
el orinal mucho sarro.



Punti di contatto con l'opera sia in prosa che in verso di Quevedo presenta la composizione di Caviedes dal titolo Privilegio del Pobre57, come ha già posto in rilievo il Carilla58.

La nostra ricerca di punti di contatto tra i due poeti nell'ordine tematico e materiale ci offre nuovi risultati. È il caso della tendenza all'autobiografia, visibile in particolare per Caviedes nella Carta que escribió el autor a la Monja de México59, e per Quevedo nel noto romance in cui Refiere su nacimiento y las propiedades que le comunicó60. Nel poeta spagnolo vi è senza dubbio maggiore amarezza, maggiore orgoglio per il proprio ingegno nel poeta limegno. Un altro tema accomuna ancora i due poeti, la satira contro la donna, di cui entrambi bollano la disonestà, spesso con trasparente compiacimento erotico. Si veda di Caviedes il romance dedicato A la bella Arnarda61 e di Quevedo la composizione dedicata A una dama que bailando cayó62. Nel settore della satira antifemminista, sia Caviedes che Quevedo pongono in rilievo la leggerezza del carattere della donna, le sue debolezze, e quanto inutilmente l'uomo sprechi il suo tempo per ottenerla. Nel romance intitolato Aviendo escrito el Excmo. Sr. Conde de la Monclova un romance, los Ingenios de Lima lo aplauden en mucho y el poeta en éste63, Caviedes scrive a proposito dell'inutilità di corteggiare la donna:


Si la escribo no responde
malogrando en sus escritos
cien romances gerineldos
con mil conceptos narcisos;
si responde son desprecios,
o malhaya el hado impío
que para más desgraciados
da inclinación de entendidos,
tanta hambre por un aplauso,
tal desnudez por un vítor.



Nel Sueño de El mundo por de dentro Quevedo aveva fatto dire al «Desengaño», sempre a proposito della falsa realtà della donna:

«Si la besas te embarras los labios; si la abrazas aprietas tablillas o abollas cartones; si la acuestas contigo, la mitad dejas debajo de la cama en los chapines; si la pretendes te cansas; si la alcanzas, te embaraza; si la sustentas, te empobreces; si la dejas, te persigue; si la quieres te deja»64.



La sostanza è diversa nei particolari, ma nei versi di Caviedes vi è un richiamo evidente anche nello stile al passaggio citato di Quevedo.

Un richiamo ancor più diretto al brano riportato del satirico spagnolo si coglie nel sonetto dal titolo Remedio contra pensamientos lascivos65, dove l'atteggiamento di Caviedes nel ripudio della donna è identico a quello di Quevedo. Scrive, infatti, il poeta peruviano:



Por tus mismas miserias, las ajenas
coteja de las damas más hermosas,
pues de las mismas tuyas, asquerosas,
y aun de mucho peores están llenas.

Contémplalas esfinges o sirenas,
que egañan con el arte cautelosas,
pues si a los ojos les parecen rosas,
a la razón espinas que dan penas.

Saca lo que serán por hilaciones
del ser de que te formas tan immundo,
de huesos, carne, venas y tendones,

asco de anatomía sin segundo,
y si has de aborrecer estas razones
¿en qué razón de amar lo mismo fundo?



Un richiamo a Quevedo è possibile cogliere anche nel sonetto dedicato A una dama sumamente pedilona66, dove il poeta peruviano si scaglia contro il forsennato «pedir» della donna. In Quevedo il tema è remoto, risale alle Cartas del caballero de la tenaza, intese a porre in ridicolo le «damas pedigüeñas», fors'anche con un sottinteso politico, riferito alla corte spagnola, indebitata e corrotta, e anch'essa grande «pedigüeña». Diversi motivi delle Cartas tornano più volte nell'opera di Quevedo, nella corrispondenza privata come nell'Entremés del Caballero de la tenaza, e nella poesia; per questa ultima si veda la letrilla che prende il tema da due versi dell'esercizio quotidiano delle Cartas stesse: «Solamente un dar me agrada / que es el dar en no dar nada»67. Ma occorre ricordare ancora a questo proposito il romance in cui esprime le sue Quejas del abuso de dar a las mujeres68.

Punti di contatto tra Caviedes e Quevedo esistono anche nelle satire che il poeta di Lima dedica alle donne vecchie, brutte e ricche. Si veda la già citata satira dal titolo A un mozo pobre que casó con una mujer vieja, fea y rica69. Il particolare della mancanza di denti nella donna è uno dei motivi satirici più efficaci nei due poeti, che mirano a porre in ridicolo la vana pretesa femminile di farsi credere giovane a dispetto della realtà. Nell'epigramma dedicato A una dama que se sacó una muela por dar a entender que las tenía70, Caviedes scrive:


El que vieja te llamasen
sentiste tan fuertemente
que te sacaste una muela
porque digan que las tienes.



Questo passaggio iniziale è un'evidente variazione, che si fa sempre più personale nel resto della composizione, dei versi con cui prende l'avvio il sonetto di Quevedo intitolato Mañoso artificio de vieja desdentada:


Quéjaste, Sarra, de dolor de muelas,
porque juzguemos que las tienes, cuando
te duelen por ausentes, y, mamando,
bocados sorbes y los sorbos cuelas71.



Ugualmente vicino a Quevedo è il Caviedes per la concezione negativa che ha del danaro, per il senso dell'onestà della vita e il concetto dell'intrinseco valore dell'uomo. Ricercare ulteriori contatti materiali tra i due scrittori mi sembra inutile; le citazioni fatte mostrano a sufficienza -anche se altre ne potrebbero seguire-, quanto il poeta peruviano debba a Quevedo; ma nello stesso tempo dimostrano anche la sua autonomia. Il catalogo che potremmo compilare non condurrebbe ad aggiungere nulla di sostanziale a quanto detto. Il nostro esame si è fin qui limitato a osservare piuttosto la superficie dell'opera di Caviedes. La nostra ricerca intende, tuttavia, andare oltre gli accostamenti materiali, per sottolineare la sostanza di un'influenza che, come nel caso di Sor Juana, potenzia realmente le disposizioni artistiche del poeta limegno, lettore assiduo ed entusiasta di Quevedo. L'affinità maggiore di Caviedes con Quevedo sta soprattutto nell'intima amarezza con cui entrambi contemplano l'avaria del loro mondo, più cupa e desolata in Quevedo, talvolta più apparentemente divertita in Caviedes, ma nella sostanza non meno sofferta. Per tal modo, se Quevedo è il grande satirico e moralista della Spagna del secolo XVII, Caviedes lo è, con una punta meno di moralista e con un accento più critico nei confronti della religione e delle autorità costituite, per la Lima del suo tempo. Spirito fondamentalmente ribelle, la satira è sfogo della sua natura, lontana, in realtà, tanto dal mascherone lubrico con cui alcuni critici hanno voluto presentare il poeta72, quanto dal tono mistico difeso dal Kolb, il quale valorizza per questo la poesia di argomento religioso del poeta limegno73. In realtà Caviedes in questo settore della sua opera si mostra assai poco ispirato, benché questo non escluda in lui un atteggiamento sincero quanto a religiosità, nonostante che della religione e della fede, al contrario di Quevedo, egli non appaia mai troppo preoccupato.

Caviedes era soprattutto uno spirito libero, trovatosi a vivere in un mondo bigotto, superstizioso, immerso nell'ignoranza. Egli sente più di Quevedo, direi, il peso di questa sua situazione, e in tal senso presenta un diretto contatto con Sor Juana Inés de la Cruz. La sete di verità che anima la suora, la sua curiosità scientifica, malgrado la dura mortificazione che essa stessa si inflisse alla fine della vita, trovano riscontro in Caviedes in una fede ardita nella verità della scienza, nel disprezzo assoluto per ogni ciarlataneria, per ogni forma di presunzione e d'ignoranza. Lo attesta il sonetto che dedica al terremoto di Lima del 20 ottobre 1687; già il titolo della composizione scopre la posizione ardita dell'autore, allorché afferma Que los temblores no son castigos de Dios:


y si el mundo con ciencia está criado,
por lo cual los temblores le convienen,
naturales los miro, en tanto grado,
que nada de castigo en sí contienen,
pues si fueran los hombres sin pecado,
terremotos tuvieran como hoy tienen74.



Anche Quevedo si era burlato delle credenze volgari. Si veda il sonetto in cui Desacredita la presunción vana de los cometas75, e quello in cui Búrlase de la astrología de los eclipses76. Ma Caviedes lo fa in modo più scoperto e deciso, con coraggio notevole per il suo mondo, dove il terremoto era manifestazione concreta e ricorrente, e per il suo tempo, professandosi arditamente seguace della verità scientifica. L'attrazione esercitata dalla scienza su Caviedes è attestata da numerosi passaggi della sua opera; in essa egli vedeva il rimedio concreto contro i mali della sua società. Lo stesso accanimento con cui si scaglia contro i medici non viene tanto dall'influenza di Quevedo, e neppure dalle tanto discusse esperienze personali, quanto dalla preoccupazione scientifica che lo domina e che si spiega facilmente anche tenendo conto della sua condizione di autodidatta -altra nota che lo distingue dal poeta spagnolo-, di cui Caviedes si manifesta orgoglioso.

Il romance indirizzato a Sor Juana Inés de la Cruz, in risposta a una supposta lettera della suora, con la quale essa avrebbe chiesto al poeta limegno l'invio dei suoi versi, fa luce su questo punto. Dopo aver protestato di fronte alla «Fénix» messicana la propria ignoranza, al momento di informarla della propria nascita e povera condizione, Caviedes afferma con palese fierezza di essersi costruito unicamente con le proprie forze, avendo davanti a sé un libro immenso, il mondo, su cui esercitare la propria intelligenza; egli è cosciente che proprio da questa sua formazione di autodidatta viene la nota più fresca della sua poesia, quei «frutos silvestres» cui allude nel romance.

Nel concetto che Caviedes ha della scienza e dell'uomo sta il suo contatto più intimo con Quevedo. La sua opera satirica ha la sua ragione prima nella preoccupazione sincera per il mondo che lo circonda, del quale va rilevando, non per far ridere, né con atteggiamento dottorale, come talvolta accade a Quevedo, soprattutto nei Sueños, ma con profonda amarezza, i difetti. Naturalmente l'accostamento di Caviedes a Quevedo mostra il limite del poeta peruviano; ma dalla sua poesia emana sempre una nota di vibrante passione che rivela come il satirico abbia sempre davanti uno spettacolo di decadenza che soffre intimamente e che riflette con immediatezza nella sua opera, incidendo profondamente nella sensibilità del lettore.

Di fronte alla realtà peruviana Caviedes si sente scrittore profondamente impegnato, come del resto lo è Quevedo di fronte a quella spagnola. Come Quevedo anche Caviedes vede sgretolarsi irrimediabilmente il suo mondo, insidiato dal danaro -gran tema quevedesco- dalla corruzione delle donne, dalla malafede e dall'ignoranza di medici, preti, ciarlatani, che egli ritrae in quadri che tornano vivi oggi. Quello che il Perù offriva a Caviedes era un panorama inquietante dal punto di vista morale, ed egli lo osserva con intima amarezza. Nell'inevitabile scoraggiamento gli rimane unico scampo la coscienza del valore dell'intelletto; che questa fosse per Caviedes un'àncora efficace lo dimostra il sonetto in cui afferma Que no hay más felicidad en esta vida que el entendimiento:



Todas las cosas que hay para gozarse
necesitan, de más de apetecerse,
del trabajo y afán que ha de ponerse
en los medios precisos de buscarse;

el puesto cuesta plata y desvelarse,
y si es dama, lo propio y el perderse,
si es hacienda, trabajos y molerse,
y todo en pretensiones ultrajarse,

sin aquestas pensiones, el talento
se consigue, perdón que ofrezco al cielo;
con su luz entretiene y da contento,

si poesía y ciencia dan consuelo,
con que así el que tuviere entendimiento
el más feliz será que hay en el suelo77.



In questi versi sono compendiati tutti i motivi della satira morale di Caviedes, gli stessi di Quevedo, mentre si afferma la sua alta concezione del valore dell'intelletto.

Come Quevedo, Caviedes non è poeta monocorde; la sua ispirazione si estende ad altri temi, ad esempio all'amore, dove mostra una grazia rude, apparentemente non preoccupata dell'arte, ma precisamente per questo di maggior freschezza e immediatezza, come si può constatare dal romance dedicato a Catalina78 e da numerosi altri passaggi. Per quanto riguarda il nostro tema, sia Caviedes che Sor Juana -cui si possono aggiungere altre figure minori dell'epoca coloniale-, attestano la diffusione e la penetrazione di Quevedo in America, rivelando le due direttrici fondamentali di tale influenza: più intimamente assimilata nella sua sostanza riflessiva e filosofico-morale, quella esercitatasi sulla suora messicana; più varia e prevalentemente di carattere satirico e giocoso, ma non meno sostanzialmente preoccupata, quella che si manifesta nel poeta peruviano.





 
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