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Realtà e simbolo ne La muerte de Artemio Cruz


1.- Il primo grande successo di Carlos Fuentes, presentatosi nell'ambito letterario nel 1954 con un libro di racconti, Los días enmascarados, fu il romanzo La región más transparente, pubblicato nel 1958, suo secondo libro di narrativa. In questo romanzo egli inaugurava uno stile nuovo, un'osservazione pluridimensionale della realtà del suo paese, il Messico -tema che gli è stato sempre a cuore-; vi confluivano, sia nell'aspetto tecnico che in quello più propriamente dello stile, ampie esperienze di letture, da Dos Passos a Faulkner a Joyce, a Malcolm Lowry, e una notevole dimestichezza con la tecnica cinematografica. L'indagine assai acuta del modo messicano, la posizione critica e non di rado polemica verso una società ripudiata nella sua vacuità, la conoscenza dall'interno del mondo dell'alta borghesia e la sua condanna, suscitarono, insieme a qualificati consensi375, violente polemiche, come le suscitò la novità di uno stile continuamente cangiante, la varietà dei ricorsi grafici, la complessità del mosaico attraverso il quale si costruisce l'unità del romanzo.

Minor risonanza ebbe il libro successivo, Las buenas conciencias (1959), in cui il tema di critica sociale, carente di novità, e il ricadere nel consueto realismo, tolgono interesse al romanzo. Successivamente, nel 1962, con La muerte de Artemio Cruz, Carlos Fuentes torna a richiamare su di sé l'attenzione della critica per l'originalità dell'impostazione dell'opera, la singolarità della scrittura e lo spirito critico che l'anima. Anche in questo caso si susseguono, da parte dei critici, giudizi positivi e negativi, preponderanti i primi, ma estremamente severi taluni dei secondi. Sarà sufficiente ricordare le riserve avanzate da Manuel Pedro Gonzàlez376 -confutato duramente poi da Nelson Osorio377-, anche se il critico non mette in dubbio le qualità di scrittore del Fuentes, al quale rimprovera, in sostanza, soprattutto l'eccesiva sperimentazione, alla ricerca di uno stile proprio, senza uscire dall'emulazione di Joyce, di Dos Passos, di Faulkner, di Lowry, imitatori a loro volta, gli ultimi, di Joyce378. Ammesso che Carlos Fuentes «es uno de los escritores más cultos y talentosos que su generación ha producido en América»379, il critico afferma che il giorno in cui egli si dimenticherà di tecniche e di «pautas» alla moda e affronterà la tragica realtà della patria -e di tutta l'America- «con un transido anhelo superador», farà allora «obra momentosa y perdurable, cualquiera que sea la técnica que emplee», perché «talento le sobra»380.

La contraddizione in cui cade Manuel Pedro González appare evidente dalle parole citate, in quanto proprio ne La región más transparente e soprattutto ne La muerte de Artemio Cruz, Carlos Fuentes affronta con «transido anhelo superador» una realtà tragica, quella nazionale, e insieme di tutta l'America latina. Alla base dei giudizi negativi del González sembra stare un'incomprensione generica e ostinata circa le nuove sperimentazioni tecniche della narrativa ispano-americana; egli pare non rendersi conto che proprio tali sperimentazioni, sia pure sulla scia anche di modelli nordamericani, o del «nouveau roman» francese, come sostiene il Pollmann381, hanno condotto il romanzo americano di lingua spagnola fuori dalle acque stagnanti del «costumbrismo», del «nativismo», del «tellurismo» e del realismo, liberandolo dal «repeticionismo» del passato, in due direzioni che il Loveluck segnala esattamente382: quella del rinnovamento tecnico e strutturale, dell'ordine temporale dei romanzi e del tempo interno, e quella della ricerca di zone tematiche, profondamente americane, mai prima trattate adeguatamente. Di qui l'importanza dei miti, e, nell'ambito della narrativa messicana, del mito della Rivoluzione, motivo d'indagine interna nelle sue cause e negli effetti.

A La muerte de Artemio Cruz il González rimprovera soprattutto un'intenzione e uno sforzo frustrati di montaggio «inédito, complicado y original», un «virtuosismo técnico»383 che rimane molto al di sotto dei modelli, l'Ulisses di Joyce, e ancor più Under the Volcano di Malcolm Lowry, di cui insiste nel dimostrare la preminenza artistica sul romanzo di Fuentes384; senza peraltro dimenticare di segnalare il carattere precursore di Azuela, in Messico, per quanto concerne il ricorso al subcosciente, ma anche alle immagini «desorbitadas», alle reticenze, alle parole «sueltas y sin hilación lógica», ai punti sospensivi «reiterados ad nausearti», e di Yáñez, per la poco comune varietà di stili385, ammettendo, tuttavia, che l'autore è «un excelente prosista y cuando se olvida de sus modelos exóticos escribe páginas realmente antológicas»386.

La realtà delle influenze è sempre ardua da dimostrare in uno scrittore di valore, né conduce ad alcunché di probante quando ci si trova di fronte a un'opera così nettamente caratterizzata in senso originale come quella di Fuentes. Per quanto addentro nella conoscenza dei romanzieri che avrebbero potuto esercitare un'influenza «degradante» sulle qualità originali dell'opera, il lettore non ne è minimamente inquietato nella lettura de La muerte de Artemio Cruz. Il romanzo, infatti, anche se può risentire di influenze tecniche esterne, le riscatta pienamente nel senso di una novità linguistica e strutturale che continuamente si afferma. Fuentes ha sostenuto che la nuova narrativa ha una funzione rivoluzionaria proprio per il linguaggio:

«Nuestra literatura es verdaderamente revolucionaria en cuanto le niega al orden establecido el léxico que ésta quisiera y le opone el lenguaje de la alarma, la renovación, el desorden y el humor. El lenguaje, en suma, de la ambigüedad: de la pluralidad de significados, de la constelación de alusiones: de la apertura»387.



Ne La muerte de Artemio Cruz, tutto è al servizio di questa resa. «Inventar un lenguaje -afferma Fuentes388- es decir todo lo que la historia ha callado». Nella convinzione dell'efficacia di questa «invenzione» lo scrittore si sottopone a quel «tour de force» di non comune varietà di stili censurato aspramente dal González389, per rendere una realtà ambigua. A questa resa egli perviene sia mediante ricorsi a prima vista di poca importanza -come l'omissione della punteggiatura, a dispetto delle regole grammaticali, l'abolizione della maiuscola all'inizio di un nuovo periodo, le lunghe tirate in cui unici segni di interpunzione sono le virgole o i due punti-, sia attraverso la sospensione, l'enumerazione, la riproduzione del linguaggio popolare, l'oscurità delle allusioni, l'intersecazione di più piani pensanti o parlanti, le apparenti divagazioni su parole chiave della complessità messicana -chingar, ad esempio390-, immersione sincera alla ricerca di un'identità nazionale, le descrizioni, circostanziate o elusive, il ricorso al monologo interiore, alla forma «profética» o alla narrazione di episodi della vita del protagonista, affrontati non secondo la normale successione cronologica, ma con la tecnica cinematografica del flash back, ricostruzione a posteriori del passato, scambio continuo di tempo interno.

Tutto ciò conduce nel romanzo a una realtà estremamente corposa e al tempo stesso continuamente sfuggente, labile e sfumata, inquietante nella sua ambiguità, senza soluzione definitiva per il lettore, per quanto riguarda il giudizio intorno a personaggi e avvenimenti. La resa «mítica» del clima rivoluzionario e post-rivoluzionario, attraverso uno dei protagonisti della Rivoluzione messicana, e non di soverchio rilievo, Artemio Cruz, si vale di tre punti di riferimento che corrispondono rispettivamente ai pronomi «Yo», «Tú», «Él». La serie di brani retti dal pronome di prima persona, espressi in tempo presente, rende il punto di vista del protagonista sul letto di morte. La sua agonia -dodici ore, secondo alcuni, meno secondo altri, particolare di non soverchia importanza- è intessuta sull'intervento continuo del subcosciente, reso nei brani retti dal pronome di seconda persona, espressi in tempo futuro, e della memoria, che si manifesta nei brani retti dal pronome di terza persona, in cui il verbo è al passato remoto. Fuentes ha dichiarato che il subcosciente è per Artemio Cruz una sorta di Virgilio che lo conduce per i dodici cerchi del suo inferno391. Tanti sono, infatti, gli episodi narrati all'insegna del pronome «Él», cui i brani retti dal pronome di seconda persona fanno da introduzione. Attraverso questi episodi la memoria del moribondo ricostruisce, per momenti altamente significanti, tutta la vita di Artemio, puntualizzata da date che, all'inizio di ogni brano, identificano esattamente nel tempo l'accaduto, ma senza seguire un regolare ordine di successione cronologica che dall'infanzia conduca al momento dell'agonia.

La regolarità con cui i brani retti dai tre pronomi si succedono, «Yo», «Tú», «Él», in esatta alternanza, dà luogo a dodici unità trimembri, o «capitoli» non dichiarati, a meglio rendere la successione delle sensazioni, delle riflessioni, dei momenti di coscienza-incoscienza e di memoria del moribondo. La dodicesima di tali unità, vero e proprio epilogo poiché conclude con la morte del protagonista, manca del brano corrispondente al pronome di terza persona, e ciò appare logico, poiché con la morte di Artemio Cruz il meccanismo della memoria si interrompe392. In questo epilogo le tre persone pronominali si fondono, in un brano brevissimo, retto dal pronome «Yo»:

«Yo no sé... no sé... si él soy yo... si tú fue él... si yo soy los tres... Tú... te traigo dentro de mí y vas a morir conmigo... Dios... Él... lo traje adentro y va a morir conmigo... los tres... que hablaron... Yo... lo traeré adentro y morirá conmigo... sólo...»393.



Nel successivo, ultimo brano, retto dal pronome di seconda persona, la fusione tra i pronomi «Yo» e «Él» si ripete, ma senza eliminare la voce profetica, da tempo insinuatasi nella seconda persona pronominale, quella dell'autore, per diverso tempo, ora del lettore giudicante, dopo essere stata originariamente attualizzazione di un futuro immediato che riguardava direttamente il protagonista contemplantesi nel passato della propria esistenza.

Alla complessità dei brani retti dal pronome «Tú» si contrappone la linearità di quelli retti dal pronome di prima persona. In essi presenziamo al lungo monologo interiore di Artemio, alle sue reazioni di fronte all'improvviso cedimento del fisico, all'aggravarsi di una situazione che egli si ostina a ritenere passeggera, rifiutandosi fino all'ultimo di ammettere la possibilità della morte. Il vaneggiare della coscienza è reso da Fuentes attraverso la fluttuazione di immagini e di frasi che tornano con insistenza a rendere il progressivo deteriorarsi della situazione: il ricordo della potenza terrena di Cruz si mescola al latino d'oltretomba del prete, nel momento dell'estrema unzione, all'odore d'incenso, al ripudio della moglie e della figlia, che rappresentano un mondo ostile e ormai estraneo al protagonista, il quale si è costruito un'altra esistenza, una famiglia fittizia di valore ambiguo, fondata sul danaro.

Nei brani retti dal pronome di terza persona, i soli narrativi del romanzo, la mancanza di una successione rigidamente cronologica risponde al fluttuare della memoria, non al caso. Lo scrittore segue, s'intende, un piano ben chiaro nella distribuzione degli episodi394, come appare dalla loro sequenza:

1.- 1941: julio 6 Prosperità economica di Artemio Cruz, conseguenza del potere politico, che si esplica nella venalità e nella corruzione, in un'alleanza-ricatto con i «gringos» contro la patria.
Fallimento familiare di A. C.; superficialità della famiglia; discorsi vani di moglie e figlia, questa alla vigilia delle nozze (manca poco meno di un mese).
2.- 1919: mayo 20 Fine della rivoluzione: A. C. cerca una sistemazione economica sposando la figlia di un ricco proprietario terriero, Gamaliel Bernal.
3.- 1913: diciembre 4 In piena rivoluzione, A. C. s'innamora di Regina, unico vero amore della sua vita. Vigliaccheria di A. C. nella guerra; il valore dei suoi uomini ne fa, per caso, un eroe, portandolo al trionfo e alla promozione.
4.- 1924: junio 3 Matrimonio di A. C. con Catalina Bernal, per ascendere al potere.
5.- 1927: noviembre 23 Nella vita politica A. C. tradisce la Rivoluzione per interesse personale, al fine di dominare e prosperare.
6.- 1947: septiembre 11 Distruzione fisica di A. C.; l'amore a prezzo de lilia, cona la prospettiva dell'abbandono e del tradimento.
7.- 1915: octubre 22 La Rivoluzione; prigionia di A. C. con Gonzalo Bernal; liberazione di A. C.; fallimento della rivoluzione nei suoi esponenti.
8.- 1934: agosto 12 L'amore di Laura; rifiuto da parte di A. C. di riscattare la propria autenticità in tale amore.
9.- 1939: febrero 3 Muore nella guerra civile spagnola il figlio di A. C., Lorenzo, combattente repubblicano, simbolo di ciò che il padre avrebbe potuto essere.
10.- 1955: diciembre 31 Notte di San Silvestro nella casa «privata» di A. C., a Coyoacán. La maschera del potere e i preannunci della fine.
11.- 1903: enero 18 Infanzia di A. C.; storia della famiglia Menchaca, prosperata sotto la protezione di Santa Ana mediante spogliazione di terre. La figura del «negrito» Lunero, che in segreto alleva A. C.
12.- 1889: abril 9 Anastasio Menchaca e di Isabel Cruz, sorella di Lunero.

Nelle prime pagine del romanzo, rette dal pronome di prima persona, il narratore presenta la situazione attuale di Artemio Cruz, infermo e lentamente emergente, a tratti, dallo stato d'incoscienza seguito all'improvviso malore che lo ha colto in ufficio. Nel paragrafo successivo, retto dal pronome di seconda persona, Fuentes ci offre la possibilità di una datazione dell'accidente, 9 aprile 1959 -«Sí; ayer volarás desde Hermosillo, ayer nueve de abril de 1959 [...]»395- e del momento, di conseguenza, dal quale inizia concretamente il romanzo, 10 aprile 1959. Nel l'episodio numero 1, retto dal pronome di terza persona, lo scrittore presenta il panorama imprescindibile di una situazione familiare e di una posizione politico-economica che pongono al lettore tutta una serie di interrogativi, ai quali il romanzo ha il compito di dare risposta: Perché tanto potere? Perché una determinata condotta politica? Perché una situazione familiare così avariata e alienata? Nell'episodio numero 2 inizia, perciò, l'immersione nelle origini del protagonista. Fuentes procede per spie ben congegnate. Intanto, tra i dodici episodi esistono serie progressive cronologicamente. Infatti, dopo l'episodio numero 1, del 6 luglio 1941, il numero 6 e il numero 10, rappresentano anch'essi un avvicinamento progressivo alla data dell'infermità improvvisa di Artemio Cruz, proponendo rispettivamente l'11 settembre 1947 e il 31 dicembre 1955, due momenti collegati da un unico tema centrale, la rovina fisica del protagonista, in contrasto col suo potere e la sua ricchezza. Dopo la data 6 luglio 1941 gli episodi che si riferiscono agli anni 1947 e 1955 delimitano tre serie cronologiche, di cui le prime due iniziano con un'immersione nel passato e proseguono con la successiva ricostruzione cronologica ascendente: nella prima serie -episodi 2-6-, dopo aver offerto i primi elementi di un Cruz rivoluzionario e innamorato -episodi 2 e 3-, la cronologia riprende un ordine naturale, col riferimento ad avvenimenti del 1924 e del 1927 -episodi 4 e 5-, che col matrimonio di Cruz e la sua attività quale sfruttatore del clima post-rivoluzionario, si ricollegano all'episodio numero 2 con cui la serie inizia; nella seconda serie l'episodio iniziale -il numero 7-, rappresenta un'ulteriore immersione nella condotta di Artemio Cruz rivoluzionario, con un collegamento diretto all'episodio numero 3 della prima serie, per poi ristabilire l'ordine cronologico circa gli anni 1934 e 1939 -episodi 8 e 9-, sul tema di un costante rifiuto di autenticità da parte del protagonista.

La terza serie allusa, successiva all'episodio numero 10, del 31 dicembre 1955, ricostruisce, afiondando indietro nel tempo, la fanciullezza pre-rivoluzionaria di Artemio Cruz, per approdare alla sua nascita, avvenuta il 9 aprile 1889.

L'ultima «unità», o capitolo del romanzo, riporta infine all'agonia del protagonista, quindi alla sua morte, vale a dire a quel giorno 10 aprile 1959 su cui si apre il romanzo, appena compiuto il settantesimo anno di età di Artemio Cruz.

Credo opportuno sottolineare che la nascita e la morte di Cruz sono poste da Fuentes di proposito nello stesso mese di aprile; ugualmente nello stesso giorno 9 ha luogo il suo avvento alla vita e inizia il commiato da essa. Non si tratta di una coincidenza puramente incidentale; essa ha, al contrario, un significato simbolico, allusivo alla brevità della vita umana, alla quale richiama chiaramente, sul finire del libro, un paragrafo retto dalla seconda persona pronominale, ove compaiono inseriti nel discorso versi di Calderón, di Jorge Manrique, di Quevedo, di Góngora -non denunciati nella loro paternità-, i quali hanno per tema la brevità dell'esistere, sul ritmo insistente del De Profundis396.

La disposizione degli episodi indicati, collegati da una attualità temporale che regge tutto il romanzo, le ore tra il 9 e il 10 aprile 1959, la saldatura di ognuno di essi a un disegno ciclico di vita-morte, non rispondono al caso né al caos. Nella strutturazione del romanzo Fuentes parte sempre -come del resto nei singoli episodi397- dall'attualità, presentata in tre momenti, che partono dall'agonia del protagonista per ricostruire, mediante immersioni successive nel passato e passaggi cronologicamente ascendenti, la preistoria di Artemio Cruz, le ragioni profonde d'indole morale che lo hanno condotto a essere l'individuo che ci si presenta nell'anno 1959, alla fine, cioè, di una vita ciclicamente compiuta, sullo sfondo del clima rivoluzionario e degli anni in cui il trionfo della Rivoluzione avrebbe dovuto costruire il Messico autentico398.

2.- Carlos Fuentes fa di Artemio Cruz il simbolo negativo della Rivoluzione messicana e del suo fallimento. L'atteggiamento dello scrittore di fronte agli uomini della Rivoluzione e alla costruzione del nuovo Messico postrivoluzionario è estremamente critico dal punto di vista morale, come del resto lo è quello di Juan Rulfo, ma anche di López y Fuentes, di Martín Luis Guzmán, di Azuela e, tra gli intellettuali di maggior rilievo del momento attuale, di Octavio Paz. I giudizi dati da Fuentes nelle diverse opere narrative, a partire da La región más transparente, fanno fede della sincerità e della preminenza di un problema che si identifica con la ricerca di un'identità nazionale. Ne La muerte de Artemio Cruz Patteggiamento critico, d'ordine morale, sta a fondamento esclusivo del romanzo. Fuentes ha superato il momento documentaristico, testimoniale, che caratterizzò il romanzo della Rivoluzione nel suo stadio precedente al 1947, anno in cui Agustin Yáñez pubblica Al filo del agua, il primo libro che, a detta dello stesso Fuentes399, dia una visione moderna del passato immediato del Messico. La mitificazione della Rivoluzione è un fatto compiuto ne La muerte de Artemio Cruz; la documentazione storica degli avvenimenti cessa di avere importanza; ciò che conta è il clima nel quale agisce il personaggio, in cui si manifesta la sostanza di un problema centrale, la condotta contraddittoria dell'individuo in un mondo ugualmente contraddittorio, in una situazione, perciò, profondamente drammatica. Riferendosi alla figura di Artemio Cruz, Jean Paul Borel ha affermato che ciò che lo scrittore ci presenta è la relazione problematica tra il «Soggetto» e la sua «Circostanza», nell'ambito di una società contraddittoria, quella borghese sorta dalla corruzione della Rivoluzione400. Infatti Artemio Cruz s'è allontanato dalla realtà del proprio paese, ne ha ripudiato la dimensione spirituale per le comodità, l'efficienza, l'igiene, il potere, la forza di volontà del modello nordamericano -gli «yankee» con i quali egli stringe rapporti d'affari, vendendo la nazione e corrompendone gli esponenti politici401-, ma non cessa, in fondo, di sentire in ognuna delle sue azioni il germe di qualcosa che potrebbe essere diverso e addirittura opposto. La voce del subcosciente apporta, in tal senso, un ulteriore tormento all'uomo in punto di morte, sottolineando ai suoi occhi, in un lucido vaneggiamento, l'ambiguità della sua esistenza:

«[...] Tú mismo impedirás el olvido: tu valor será gemelo de tu cobardía, tu odio habrá nacido de tu amor, toda tu vida habrá contenido y prometido tu muerte: que no habrás sido bueno ni malo, generoso ni egoísta, entero ni traidor. Dejarás que los demás afirmen tus crueldades y tus defectos; pero tú mismo, ¿cómo podrás negar que cada una de tus afirmaciones se negará, que cada una de tus negaciones se afirmará? [...]»402.



La chiave della vita di Artemio Cruz sta nella possibilità continua e tirannica di scelta, che il subcosciente gli richiama alla mente sul letto di morte, rendendo attuali le possibili opzioni contrarie nei dodici episodi salienti della sua vita. Ma mentre prima esistevano due possibilità di scelta, le decisioni adottate hanno condotto l'uomo a quello che è ora; anche la morte non sarà una cosa nuova, ma la conseguenza diretta di dette opzioni e la ripetizione finale di tante altre morti dello spirito:

«[...] Tus elecciones no negarán el resto de tu posible vida, todo lo que dejarás atrás cada vez que elijas: sólo la adelgazarán, la adelgazarán al grado de que hoy tu elección y tu destino serán una misma cosa: la medalla ya no tendrá dos caras: tu deseo sera idéntico a tu destino. ¿Morirás? No será la primera vez. Habrás vivido tanta vida muerta, tantos momentos de mera gesticulación [...]»403.



Artemio Cruz è una creatura istintiva, sorta da un clima di violenza e di ripudio -la nascita illegittima, l'uccisione dello zio, innocente e scambiato per l'«enganchador» del nuovo «cacique» che viene a portargli via l'unica creatura che gli sia stata vicina, il «negrito» Lunero-, un simbolo dell'uomo che, entrato nella Rivoluzione forse con spirito puro, forse per puro istinto -la cosa non è chiara- trova la sua condanna nella mancanza di una vera coscienza morale. Lo scrittore lascia di proposito al lettore la libertà di giudicare se Artemio sia «buono» o «cattivo»404; cosa che per un personaggio così complesso -ma accade per ogni uomo- è difficile dimostrare. Cruz, tuttavia, appare fatalmente destinato a scelte inautentiche fin dal primo episodio della sua vita di rivoluzionario -il numero 3 del nostro schema-, quello del 4 dicembre 1913, quando fugge dalla battaglia, lasciando soli i suoi uomini a combattere, nega aiuto a un ferito, e infine, risoltasi favorevolmente per i suoi la contesa, accetta la gloria e la promozione quale guida «eroica» del drappello. È vero che in successivi momenti il protagonista avrebbe potuto riscattarsi, dare una direzione diversa alla sua vita. Uno di questi momenti sembra essere il 22 ottobre 1915 -episodio numero 7-, quando, fatto prigioniero dai soldati di Villa, si rifiuta di rivelare il piano di battaglia dei suoi in cambio della vita. Artemio Cruz, ora capitano delle truppe di Obregón, è presentato da Fuentes come un soldato valoroso. Le pagine che descrivono l'imboscata sono tra le più valide del romanzo della Rivoluzione messicana, paragonabili a quelle ormai celebri di Mariano Azuela in Los de abajo, ma più efficaci nella stringatezza, dinamiche nelle poche note, capaci di evocare pienamente la tragedia della guerra405.

Anche in questa occasione, tuttavia, la possibilità di incamminare verso un fine logico la propria vita viene rifiutata dal protagonista: l'istinto di conservazione è più forte della morale, della solidarietà col soldato fatto prigioniero con lui e col «carrancista» Gonzalo Bernal, chiusi nella stessa cella e condannati a morte. Artemio Cruz spera nell'astuzia e tenta di salvarsi raccontando un falso piano, ma non riesce a vincere la diffidenza dell'ufficiale avversario, del quale poi si libera uccidendolo a tradimento, approfittando di un attacco improvviso dei suoi.

Tra Gonzalo Bernal, che ha qualche punto di contatto, quanto a idealismo, con lo studente che compare in Los de abajo, e Artemio Cruz, si svolge in carcere un colloquio che definisce meglio l'abisso esistente tra i due uomini nel diverso modo di intendere la Rivoluzione. Fuentes accenna abilmente al clima di stanchezza in cui la guerra si prolunga, e alla perdita conseguente dei sentimenti umani. Il colonnello Zagal, catturatore di Cruz, sa che Villa è perduto, ma continua meccanicamente la lotta, e ancora uccide, accomunato per l'assenza di veri sentimenti al suo prigioniero:

«Ninguno de los dos tenía sentimientos. Eso, cada cual, en su bando, lo había perdido, limado por los hechos cotidianos, por el remache sin tregua de su lucha ciega [...]»406.



Per lo scrittore ciò non è tanto conseguenza di una guerra confusa e prolungata, quanto della mancanza di ideali negli uomini. La perdita di tali ideali è più spiegabile nel soldato «yaqui», entrato nella rivoluzione dapprima per difendere la sua terra, poi rimastovi a combattere solo per Obregón contro Villa407. Il soldato è anch'egli una vittima dei capi, nei quali sta per Fuentes tutta la responsabilità del fallimento della Rivoluzione; la sua critica nei loro riguardi è assai dura, e lo scrittore la conduce attraverso gli interventi di Gonzalo Bernal, rassegnato alla propria sorte: «Los hombres no han estado a la altura de sus pueblos y de su revolución»408. Il fallimento della Rivoluzione si deve, infatti, alla corruzione dei capi, che la frazionarono, trasformandola in lotta di fazioni, dimentichi che il suo fine era la liberazione del popolo. La verità è che all'ideale si sostituisce nel corso della lotta l'ambizione, l'egoismo, quando non la paura del dopoguerra. Il problema di Cruz è precisamente il futuro, cosa farà quando finirà la lotta, mentre per Gonzalo Bernal è la constatazione del fallimento degli ideali, il divorzio operatosi nel paese tra due mondi, quello dei militari e quello dei civili, faziosi e traditori i primi, traditi gli altri. Mentre questo personaggio è tormentato dal pensiero del futuro del paese, l'uomo-istinto, Cruz, pensa alla morte come a qualcosa di definitivo e di limitato, che avverrà tra l'indifferenza del mondo: «pasada la lucha, la muerte, la victoria, el sol volverá a salir todos los días...»409. Perciò è soprattutto la vita che conta.

Artemio Cruz è un uomo che ha perso la facoltà di sognare, quindi l'innocenza; per lui la virtù, la carità, l'umiltà sono parole senza significato ed egli vive unicamente d'orgoglio410, che non significa difesa di una dignità morale, ma istinto egoistico di prevalere. Sull'orgoglio Cruz fonda tutta la sua attività e solo alla fine si rende conto che la ribellione è superflua e l'umiltà necessaria411, quando è ormai in punto di morte. La sua azione successiva al trionfo della Rivoluzione è tesa a far fruttare la condizione privilegiata di combattente vittorioso, non perché torni a beneficio del paese, ma per costruire un potere personale sul quale fondare la propria fortuna. Significativamente il programma d'azione post-rivoluzionaria viene stabilito da Artemio Cruz e dai suoi colleghi d'arme in una casa di tolleranza. Il potere e l'interesse sono gli unici moventi. Il concetto di «chingar» per non farsi «chingar» -sul verbo, le sue coniugazioni e le varie implicazioni Fuentes insiste per più pagine, in ritmo crescente e teso, che confina con l'accento, della disperazione; nuova immersione nella complessità nazionale412- è alla base di ogni decisione del protagonista:

«[...] todo nos será permitido si mantenemos el poder: pierde el poder y te chingan: somos jóvenes pero estamos nimbados con el prestigio de la revolución armada y triunfante: ¿para qué peleamos?: ¿para morirnos de hambre?: cuando es necesario la fuerza es justa: el poder no se comparte:

¿y mañana? estaremos muertos, diputado Cruz; que se las arreglen como puedan los que nos sucedan»413.



Per questi fini si scatena una lotta non meno cruenta della rivoluzione. Artemio Cruz è l'uomo innamorato del possesso delle cose; egli confessa che in realtà il suo unico amore è stato la proprietà sensuale di esse414. Il mondo nuovo sorto dalla guerra ha in Cruz il suo simbolo più significativo; il vecchio don Gamaliel Bernal -al quale Cruz si rivolge, nell'episodio numero 2, per sposarne la figlia e quindi ereditarne le ricchezze- vede in lui il ripetersi ciclico della sventura del paese:

«[...] desventurado país que a cada generación tiene que destruir a los antiguos poseedores y sustituirlos por nuevos amos, tan rapaces y ambiciosos como los anteriores»415.



Per Fuentes il ciclo ha lontane origini, inizia al tempo della conquista; don Gamaliel ha costruito con gli stessi mezzi di Cruz la sua ricchezza, all'ombra del «porfiriato», e lo stesso fecero i Menchaca, all'ombra del generale Santa Ana. Tutti tornarono a perdere poi quanto avevano riunito, all'avvento della generazione successiva.

Uomo che ha fatto tacere il «suo» Dio -«cada acto de la vida, cada acto que nos afirma como seres vivos exige que se violen los mandamientos de tu Dios»416-; mirando solo alla potenza e alla ricchezza, cospargendo di vittime inutili e innocenti la sua strada, Artemio Cruz trova una giustificazione presso lo scrittore, perché ha partecipato alla Rivoluzione e perché ha avuto i capi che ha avuto, mentre gli eredi continueranno la rapina senza aver rischiato nulla personalmente.

3.- L'inferno in cui Artemio Cruz si dibatte sul letto di morte è costituito dal ricordo di ciò che l'ha portato a essere quello che è, senza che nulla di ciò che ha costruito possa essere conservato. Seguendo i richiami della memoria l'uomo percepisce ora la possibilità di scelte diverse che non fece. In particolare, la morte del figlio nella guerra di Spagna -episodio numero 9- rappresenta uno dei momenti che avrebbero potuto cambiare il corso della sua vita. Nel racconto della morte di Lorenzo la terza persona si fonde con la prima, a indicare l'immedesimarsi di Cruz nell'operato del figlio. Egli percepisce ora chiaramente che, sull'esempio del figlio, avrebbe potuto essere diverso, ma di nuovo si afferma la distanza sostanziale tra le due opposte concezioni della vita: «Yo sobreviví. Tú moriste. Gracias»417.

Il narratore sottolinea crudamente il contrasto tra la purezza del sacrificio di Lorenzo e l'indegnità morale del vecchio, e mostra quest'ultimo, nella semi-incoscienza dell'agonia, tormentato dai dolori dell'infermità mortale, immerso nei suoi stessi escrementi, che gli escono dalla bocca, mentre coglie l'orrore che suscita nella moglie e nella figlia presenti:

«[...] Vomita. Vomita ese sabor que antes sólo había oído. Ya no puede voltearse. Vomita boca arriba. Vomita su mierda. Le escurre por los labios, por las mandíbulas. Sus excrementos. Ellas gritan. Ellas gritan. No las oigo, pero hay que gritar [...]»418.



La distruzione del personaggio raggiunge in questo passaggio il punto culminante; Artemio Cruz naufraga negli escrementi perché tutta la sua vita è stata un navigare inmezzo a ciò che più era negativo. I sentimenti sono stati prostituiti, l'amore stesso, dopo la prima esperienza piena con Regina, ai tempi della Rivoluzione -episodio numero 3- è naufragato nell'opportunismo, nell'interesse -matrimonio con Catalina Bernal-, nella negatività di un amore venale -Lilia; episodio numero 6-, nel rifiuto dell'autenticità -Laura; episodio numero 8- e, attraverso Lilia, nella costituzione di una famiglia fittizia, tenuta insieme solo dal danaro.

La serie delle frustrazioni di Artemio Cruz inizia dal matrimonio con Catalina. Ripudio di classe, orgoglio e attrazione, sincerità e risentimento uniscono e dividono i due protagonisti. Per Cruz il rifugio dalla delusione matrimoniale sarà sempre un amore extra-coniugale, una doppia vita sentimentale, caratteristica, secondo Octavio Paz, di una frustrazione-potere messicana419. Ma questo amore non vale ad attenuare il senso di vuoto che atterrisce Artemio Cruz. Un gelo di solitudine si diffonde intorno al protagonista, penetra in lui. A mano a mano che il potere e la ricchezza aumentano egli si sente più isolato, ma questo isolamento è anche opera sua. Infatti, per Cruz non esiste altra persona che la sua, altra cosa che i suoi affari; col risultato che durante l'agonia egli percepisce con intima sofferenza la tensione interessata dei probabili successori e degli eredi della sua ricchezza. Intorno non vi sono affetti e il protagonista si rende conto che anche nel momento in cui sta agonizzando, la moglie e la figlia diffidano di lui, temono la sua abilità di fingere, sospettano che egli si stia prendendo gioco di loro. Anche nella casa «rifugio» -un antico convento trasformato in residenza signorile, dove Cruz trascorre la sua esistenza extraconiugale, dove risiede, quindi, la sua seconda famiglia- la situazione non è diversa e lo circondano timore e odio. L'uomo potente e ricco aveva sempre creduto che essere temuto e odiato significasse essere Dio420, ma ora, in punto di morte, si rende conto che il timore e l'odio non hanno fatto che accentuare il suo isolamento.

Del resto Artemio Cruz -campione estratto dallo scrittore da un arsenale umano vasto quanto la Rivoluzione- è sempre stato isolato anche nella lotta; preoccupato egoisticamente solo di se stesso, ha ignorato sistematicamente il prossimo in quanto umanità e se ne è servito materialmente solo a proprio vantaggio. Ciò è avvenuto prima e dopo la Rivoluzione.

La miseria morale del personaggio spicca sulle vicende della sua esistenza, per la vana illusione nutrita di essere sopravvissuto a tutti i cambiamenti solo per merito proprio, mentre tutto era invece nelle mani del caso, «el azar oscuro de un universo cada vez más frio»421, nel quale sopravvivono solo gli organismi capaci di conservare il sangue freddo e il cervello allerta.

Nel romanzo due soli momenti illuminano l'esistenza di Artemio Cruz: l'intima comunione delle origini con la terra e l'amore per Regina. Sono momenti brevi, che concludono rapidamente. Infatti, nella ricostruzione delle origini del protagonista -episodio numero 11- lo scrittore sottolinea come la violenza torni a imperare nel paese. Artemio scopre che la vita è ben diversa dall'esistenza semplice, misera ma tranquilla, che egli ha condotto nei primi anni, che esistono i nemici e la «separación»422. Nel tramonto della famiglia Menchaca la vecchia serva Baracoa rabbrividisce pensando al ritorno della violenza, della quale a sua volta Cruz sarà espressione, e se la «loca» Ludivinia, isolata signora della casa, percepisce nell'aria la presenza della morte -quella del figlio Pedrito, ultimo esponente della famiglia-, Baracoa, raggomitolata su se stessa, in cucina, presente terrorizzata il ritorno di tempi calamitosi: «dejó que la lumbre muriese y tembló pensando que los tiempos de la pólvora habían regresado»423.

Nell'episodio alluso - quasi una «novela corta» entro il romanzo -il clima di magia si accompagna al clima di violenza evocato, con le suggestioni de «lo real maravilloso» del Reino de este mundo di Alejo Carpentier, narratore del quale torna spontaneo il ricordo anche per la tecnica del «tiempo recurrente» di Viaje a la semilla, presente in parte anche nel libro di Fuentes.

Benché la violenza presieda all'origine di Artemio Cruz, lo scrittore fa di lui un uomo predestinato a esercitare una libertà di scelta che potrebbe consacrarne l'autenticità o l'inautenticità; la sua libertà è affermata:

«Tú serás ese niño que sale a la tierra, encuentra la tierra, sale de su origen, encuentra su destino, hoy que la muerte iguala el origen y el destino y entre los dos clava, a pesar de todo, el filo de la libertad [...]»424.



Sul punto di morire Artemio Cruz ha di fronte a sé la realtà di un'esistenza perduta, l'irreversibilità delle scelte equivoche compiute e, intorno, il gelo acuto della frustrazione e della solitudine.

4.- Alla fine de La muerte de Artemio Cruz, nel momento in cui l'ultimo sforzo della memoria riconduce il protagonista all'infanzia, saldando il cerchio della sua esistenza, la voce profetica afferma la nullità e la vanità della sua vita, con accenti quevedeschi: «Heredarás la tierra»425. Quevedo è vivo nello spirito di Carlos Fuentes e il lugubre «memento mori» che risuona ossessivamente nel romanzo è assai vicino, nella sua radice, al grande scrittore spagnolo del Seicento.

Artemio Cruz passa in mezzo alla morte durante tutto il corso della sua attività di rivoluzionario, ma la guerra, si sa, non dà all'uomo il tempo di soffermarsi a considerarla; tuttavia, il protagonista del romanzo ha con essa, fin dall'inizio della sua vita, un contatto durissimo e di segno incancellabile, allorché uccide, per errore, lo zio Pedrito. Più tardi amore e morte gli si presentano estremamente vicini; nel sonno di Regina -invano cercherà nelle donne che incontrerà successivamente di risuscitare la sostanza irrepetibile di questo amore- Artemio Cruz vede un preannuncio della fine:

«Él despertó primero y miró el sueño de Regina. Parecía el hilo más tenue de la telaraña de los siglos: parecía un gemelo de la muerte: el sueño»426.



Il mondo barocco, spagnolo e coloniale, fonda sulla contemplazione della morte gran parte della sua spiritualità, quindi della sua arte. Quevedo ne è una delle espressioni più profonde e la sua influenza nel mondo messicano, in particolare, e ispano-americano in genere, è radicata e giunge fino alla poesia e alla narrativa moderne427. Il passo citato, in cui il sonno è definito «gemelo de la muerte» rivela chiaramente la sua ascendenza quevedesca -si ricordino, ad esempio, di Quevedo, il sonetto d'imitazione petrarchesca «Más solitario pájaro, ¿en cuál techo...?», e il «romance» «Hermosos ojos dormidos...»-, dando alla pagina l'accento di una profonda meditazione intorno al problema che assilla l'uomo. Più volte, sempre sul tema della brevità della vita, la voce profetica -nella quale il lettore si sente sempre più coinvolto, anche per le reminiscenze, abilmente sollecitate, delle sue letture risuona di espressioni che richiamano al poeta spagnolo, soprattutto nell'avanzare della fine «[...] qué mudos pasos traes, oh muerte fría...»428. La suggestione di passaggi come questi fa dimenticare al lettore il dislivello che esiste tra la reminiscenza letteraria sollecitata dal narratore e la cultura che doveva avere Artemio Cruz. Il «Desengaño», che domina il barocco, presiede anche agli ultimi istanti del protagonista de La muerte de Artemio Cruz; come l'uomo di Quevedo anch'egli si sveglia improvvisamente davanti a una realtà che si era sempre rifiutato di accettare, benché ne avesse avuto frequenti avvisi, quella della brevità della vita, della fine di un'esistenza creduta eterna: «que en secreto creíste eterna...», gli rimprovera il subcosciente429.

E tuttavia, Artemio Cruz è presentato da Fuentes come un uomo che continuamente, e con preoccupazione concreta, ha percepito l'esistenza di un «cáncer del tiempo»430, l'avanzare della vecchiaia. La rovina progressiva dell'uomo egli la scopre dapprima negli altri -la giovinezza dell'amante che insensibilmente sfiorisce431; la decadenza di moglie e figlia delle quali, dal letto di morte, considera la «humanidad sin atractivo en que las dos se han convertido»432-, ma con tormento intuibile la vede anche in sé. Nell'episodio numero 6, Artemio Cruz è presentato ricco, potente, tanto che può comperarsi l'amore della ragazza che l'accompagna; ma l'attrazione istintiva di costei per un giovane, con la conseguente complicazione possibile di tradimenti e d'abbandono per l'amante, vanifica il valore della ricchezza e del potere, sottolineando la sventura irrimediabile della vecchiaia, il quevedesco «ultraje de los años» che Borges ha posto in rilievo nella vita umana433. Lo specchio offre all'uomo potente una risposta inquietante; Artemio vi si riflette mentre si accinge a radersi, e non gli vale chiudere gli occhi istintivamente di fronte alla propria immagine prevedendo il responso:

«[...] Tomó la navaja. Estaba llena de vellos castaños, generosos, prendidos entre la hoja y el rastrillo. Se detuvo con la navaja entre las manos. La acercó a los labios y cerró, involuntariamente, los ojos. Al abrirlos, ese viejo de ojos inyectados, de pómulos grises, de labios marchitos, que ya no era el otro, el reflejo aprendido, le devolvió una mueca desde el espejo»434.



La minuziosa enumerazione di preparativi e oggetti su cui si costruisce la scena è di per sé rivelatrice di come Artemio Cruz -e in lui l'uomo in genere- recalcitri di fronte alla constatazione della propria decadenza.

Nella vita di Cruz il momento culminante di ricchezza -potere/vecchiaia-impotenza è rappresentato dalla festa di fine anno nella vecchia e sontuosa casa di Coyoacán -episodio numero 10-; essa ha luogo il 31 dicembre 1955, notte di San Silvestro, quando Artemio ha compiuto 66 anni d'età e 52 di vita politica. L'ultima cifra indicata ha, secondo René Jara435, un significato magico, in quanto se gli antichi messicani celebravano alla fine di ogni anno la festa del fuoco, essa diveniva particolarmente importante allorché si compiva un ciclo di 52 anni.

All'epoca indicata Artemio Cruz non era ormai più in grado di dare nulla di sé, né sul piano della sua estrinsecazione rappresentava alcuna sorpresa. Egli stesso se ne rende conto: «Todo lo que dominaba obedecía, ahora, sólo a cierta prolongación virtual, inerte... de la fuerza de sus años jóvenes...»436. La coscienza della fine è attinta istintivamente dal personaggio fin da questo momento. Nell'agonia Cruz ricorda, ed è significativo, proprio questa data -anche se la festa di fine anno era divenuta ormai consuetudine-, perché con essa inizia concretamente il ciclo della sua decadenza. La casa, di antica architettura coloniale, rappresenta per Artemio il rifugio, il riscatto, quasi, da un'esistenza di uomo senza scrupoli, il ritorno al clima di un passato più puro, a un mondo che egli risente vivo attraverso particolari minuti, aromi sottili, perché appartiene a un'immagine della sua terra alla quale non vuol rinunciare e che, come per magia, riprende vigore e consistenza tra le vecchie mura.

La festa, dove tutti i presenti si limitano a ringraziare il potente signore e a complimentarlo a distanza, come un dio inaccessibile, ed è quindi un omaggio rituale, diviene improvvisamente la prova della fragilità di Artemio. Lo scrittore presenta il vecchio come una divinità mitica, inavvicinabile, seduto su un gran «sillón», tenendo per il guinzaglio due mastini grigi «de belfos rosados y ojos melancólicos»437, immobile sotto il fuoco dei «flash», ma improvvisamente turbato dall'ardire di un giovane che, contro la tradizione, osa apostrofarlo, attentando così alla sua divinità, da decenni non scalfita. Allora la festa rituale si trasforma inaspettatamente in festino; l'ordine si turba e una danzatrice discinta introduce una nota ibrida di esotismo e di erotismo. Ricorrendo a una prolungata intersecazione di frammenti di discorsi diversi il narratore denuncia in questo passaggio una società alienata e passiva, che contribuisce a distruggere sul piano morale il personaggio principale, del quale, in fondo, è fattura e al quale è in tutto sottomessa.

Teso a rendere la miseria del potere materiale, Fuentes insiste sulla nota dell'avanzato deterioramento fisico del personaggio di Cruz, sottolineando particolari contrastanti: il faticoso trascinare dei piedi, stretti in fini scarpe di vernice; la corpulenza dell'uomo, rivestita di ricchi panni; le grosse vene che solcano le mani ben curate; i capelli ben pettinati, ma grigi e radi sulla fronte ampia; i denti posticci, che si assesta di tanto in tanto; le borse che gli pendono ai lati del naso perdendosi nel collo; gli zigomi duri, ma solcati dal reticolo di rughe che nascono dalle palpebre, sempre più infossate, «como si quisieran proteger esa mirada entre divertida y amarga, esos iris verdosos escondidos entre los pliegues de carne suelta»438.

Il tragico mascherone presiede alla commedia della vita, tormentato dal ricordo di un passato contraddittorio verso il quale va il rimpianto come a un bene perduto e irrecuperabile, dal terrore di aver costruito la propria vita in un modo, mentre avrebbe potuto costruirla completamente diversa. Anche se mai Artemio Cruz, neppure in punto di morte, mostra di volersi staccare dal presente, benché il subcosciente lo avverta ora di continuo che il corso della sua vita è terminato.

La lunga agonia di Artemio Cruz rappresenta il trionfo della morte sulla vanità della potenza e della ricchezza. Ritmata dall'insistente latino del prete, dal risuonare intermittente del De Profundis, tra l'odore degli escrementi e dell'incenso -profano e sacro uniti-, la vita del protagonista si chiude con un ritorno alle origini. Il ricorrere angoscioso, nelle pagine del libro, della richiesta di aria e di luce da parte dell'infermo, allude certamente, nella intenzione dello scrittore, non tanto a un bisogno fisico dell'agonizzante che si sente soffocare, quanto piuttosto a una necessità di ordine spirituale.

Con la sua morte Artemio Cruz lascia insoluta, per il lettore, la risposta all'interrogativo intorno alla sua vera natura: uomo malvagio, o miseramente e solo uomo? Ha scritto Jorge Luis Borges che la morte, o la sua allusione, rende preziosi e patetici gli uomini e che essi commuovono per la loro condizione di fantasmi439. La morte di Artemio dà alla sua figura questa stessa suggestione. Il lettore si sente a mano a mano sempre più attratto a identificarsi nel personaggio, a trovare in esso il segno della sua stessa contraddizione. In Artemio Cruz lo scrittore non ci ha offerto un tipo, ma un essere vivo, attraverso il quale attinge una dimensione tormentosa del messicano, all'angosciosa ricerca della propria identità. Dalla morte Fuentes vede farsi avanti la vita, e se Artemio Cruz è stato il futuro «sin serio»440, sul popolo lo scrittore vede fondarsi il domani. Ma per questo domani, nel divenire del paese, Artemio Cruz, con tutte le sue contraddizioni, simbolo di quelle del Messico post-rivoluzionario, è un anello imprescindibile.



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